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La storia

Vielmo tenta l’impresa: vuole il Nanga Parbat

Il primo contatto, squisitamente visivo, è avvenuto tre anni fa, dalla cima del Broad Peak, 8047 metri, raggiunta dopo una lunghissima e sfinente salita, che pareva non finire mai. Mario Vielmo ha scattato una foto panoramica della immensa distesa di vette ghiacciate che si espandeva a perdita d’occhio. Un concatenamento di giganti rivestiti di ghiaccio senza soluzione di continuità, ma verso sud-ovest una montagna in modo particolare spiccava stagliandosi contro la linea dell’orizzonte e attirando la sua attenzione: il Nanga Parbat, 8126 metri di vertiginose pareti che rendono la nona cima più alta del mondo in assoluto fra le più difficili e pericolose. 
Quel giorno dal Broad Peak il forte himalaysta di Lonigo, impegnato nella rincorsa ai 14 ottomila della Terra, ha dato idealmente appuntamento al colosso ricco di storia alpinistica e di suggestioni, situato nella regione del Gilgit-Baltistan, che in questi giorni sta finalmente osservando da vicino. Vielmo è infatti in Pakistan con in animo l’obiettivo di raggiungere il suo personale tredicesimo ottomila, il Nanga Parbat appunto. Il dodicesimo l’ha messo in saccoccia lo scorso anno, sempre in terra pakistana, e si è trattato di quel Gasherbrum I che aveva già inutilmente tentato in due precedenti occasioni. 
Le grandi montagne spesso si fanno desiderare prima di lasciarsi violare. Il programma di scalata del più occidentale degli ottomila himalayani prevede fra qualche giorno il raggiungimento del campo base del versante occidentale Diamir (in sanscrito “la montagna degli dei”), da dove si snoda la via alpinistica aperta nel 1962 dal tedesco Kinshofer, itinerario prescelto da Vielmo per tentare di raggiungere l’altissima cima, successo ottenuto per la prima volta nel 1953 dall’austriaco Hermann Buhl dopo una ascensione solitaria senza ossigeno supplementare che fu considerata ben presto impresa leggendaria. 
Vielmo, conscio delle difficoltà e dell’impegno che lo attende, si è preparato alla sua maniera e nel migliore dei modi a questa spedizione, percorrendo migliaia di metri di salita con gli sci ai piedi. Un inverno avaro di neve lo ha costretto a cercare tracce da battere con le pelli di foca sui monti dell’isola di Cipro e sull’Ararat in Turchia, dove si è distinto anche nel salvataggio di una sci-alpinista finita sotto una valanga. 
Tutto per arrivare all’appuntamento con la “montagna nuda” come la chiamano nella lingua urdu gli abitanti del posto, nelle migliori condizioni possibili. Anche per ottenere una migliore acclimatazione Vielmo ha deciso di non raggiungere subito il campo base Diamir ma di intraprendere un percorso a piedi di avvicinamento, alla guida di un gruppetto di trekker, che lo porterà al cospetto degli altri versanti del Nanga, della terrificante parete Rakhiot situata a nordest del massiccio e dell’altrettanto problematica parete Rupal che con i suoi 4500 metri di sviluppo è non a caso considerata la più alta parete del mondo, quindi difficile, pericolosa, ricca di insidie, per niente addomesticabile. Come in realtà è questa montagna nel suo insieme, indipendentemente dal versante preso in considerazione. Pane per i denti di alpinisti con grande preparazione alle spalle, con esperienza, determinazione e tanta, tanta umiltà, dote necessaria per non sottovalutare mai nulla strada facendo e affrontare con la dovuta attenzione e gli occhi sempre ben aperti rischi e riuscire a superare indenni le immancabili incognite. Il forte vicentino, che con le imprese finora compiute rientra fra gli himalaysti in attività in maggiore evidenza, sarà accompagnato in questa avventura dal padovano Nicola Bonaiti con il quale nel 2017 ha raggiunto la cima del Lhotse e dal vicentino Tarcisio Bellò, alpinista di spicco con due ottomila raggiunti, Everest e Dhaulagiri, grande conoscitore delle montagne pakistane, avendo scalato negli anni molte cime inaccesse di 5 e 6 mila metri di quota, ideatore e animatore del progetto che punta a realizzare un centro alpinistico in fase di ultimazione, dedicato all’indimenticata Cristina Castagna in un villaggio nel nord del Pakistan. 
Vielmo e Bellò erano stati assieme l’ultima volta nel 2003, alla spedizione organizzata da quest’ultimo nel versante nord dell’Everest. Al campo base Diamir troveranno un numero nutrito di alpinisti, compresi un altro vicentino, Alberto Peruffo di Montecchio Maggiore, e il valtellinese Marco Confortola che con Vielmo aveva tentato ma senza successo di raggiungere lo scorso anno il Gasherbrum I.

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