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L'impresa

La spedizione vicentina punta al Nanga Parbat ma la neve ritarda i piani

Sei giorni ininterrotti di maltempo. La meteorologia a queste latitudini rimane una scienza fortemente incerta. Le previsioni somigliano a un terno al lotto. Così quella appena trascorsa è stata una settimana praticamente in balia della neve, weekend escluso, per fortuna. Altro che campo base verde come un giardino, con le tende, incredibilmente piantate sull’erba, a crogiolarsi sotto il sole. La neve ha ricoperto tutto, come in pieno inverno. Serve poco stilare progetti e programmi sotto i colossi della terra. La regola in questo angolo di mondo dove i passi alimentati dal poco ossigeno a disposizione scandiscono un tempo senza tempo, la dettano loro, i giganti che forano il cielo, ottomila metri sopra il livello del mare. Un altro mondo, dove anche i sogni devono fare i conti con le rigide leggi di un ambiente ostico e inospitale. Contemporaneamente affascinante e repulsivo. 
Come il Nanga Parbat, 8.126 metri, la nona montagna più alta della terra, che in questi giorni vede impegnati Mario Vielmo e i suoi due compagni, Tarcisio Bellò, e il padovano Nicola Bonaiti. Il terzetto ha raggiunto il campo base sul versante Diamir dopo un trekking di avvicinamento assai istruttivo e ricco anche di sorprese come l’incontro con gli hunza protagonisti del ritrovamento di uno scarpone appartenuto al giovane Gunther, fratello di Reinhold Messner, morto nel 1970 travolto da una valanga durante la perigliosa discesa dopo aver toccato la vetta. Reinhold venne accusato di aver abbandonato volutamente il congiunto. Ci sono voluti più di 50 anni per stabilire la verità, vale a dire la versione sempre sostenuta dal trionfatore dei 14 Ottomila. Non aveva abbandonato il fratello, non gli aveva voltato le spalle pensando solo a se stesso. Vecchie storie, vecchie diatribe, vecchi sospetti definitivamente fugati da un vecchio scarpone. Le cronache degli Ottomila non muoiono mai.
Vielmo e compagni hanno raggiunto Campo 1 a 4.850 metri quasi d’un fiato, approfittando di una finestra di cielo limpido e assolato nei giorni immediatamente successivi al loro arrivo al base. La guida alpina di Lonigo, che ambisce a cogliere la sua personale tredicesima cima sopra gli ottomila metri, non si è lasciata scappare la ghiotta occasione. E ha fatto bene. Neanche se lo sentisse che il Nanga sarebbe stato inavvicinabile per giorni. Ha commentato il forte himalaysta vicentino al telefono satellitare con l’amico giornalista e alpinista Claudio Tessarolo: «Abbiamo approfittato di questi giorni di forzata inattività per conoscere i componenti delle altre spedizioni. Da qualche giorno sono arrivati anche gli sherpa dal Nepal a supporto di alcune spedizioni, si tratta di scalatori molto forti, di sicuro ci aiuteranno ad attrezzare la via Kinshofer, una parete piuttosto impegnativa, molto tecnica e con una pendenza costante». Tra i vari gruppi giunti un po’ da tutto il mondo per tentare la salita su questa difficile e impegnativa montagna dopo due anni di pandemia, spiccano due argentini, una guida alpina e un forte andinista, che hanno già dato dimostrazione delle loro capacità raggiungendoli prima dell’arrivo della perturbazione che ha bloccato tutti, quota 5.000. «Sono molto simpatici e ce la stanno mettendo davvero tutta - dice Vielmo - anche perché sul Nanga Parbat finora non è mai salito un argentino. Loro vorrebbero essere i primi». Vielmo è appena tornato al base da una escursione sulla cresta del monte Fanali, una cima che si affaccia sul ghiacciaio Diamir. Assieme a Nicola Bonaiuti e ad altri alpinisti la guida alpina leonicena ha trascorso la notte su una cresta, al riparo quindi da valanghe sempre possibili dopo le prolungate nevicate. Un modo per mantenere allenamento e migliorare l’acclimatazione. Tarcisio Bellò invece, d’accordo con Vielmo, ha approfittato della fine del maltempo per raggiungere con alcuni portatori d’alta quota Campo 1 per verificare la situazione dopo le violente nevicate della scorsa settimana. «Purtroppo Tarcisio mi ha detto che le nostre tende sono state schiacciate da due metri di neve, in quota la bufera è stata tremenda. Ma non ci arrendiamo e siamo pronti a ripartire». Le previsione adesso volgono al bello. Il maltempo di portata davvero inusuale, pare passato e le previsioni ipotizzano una prolungata finestra di sereno. È il momento quindi di tornare in quota, la via Kinshofer è maledettamente lunga e impegnativa. Il piano di avvicinamento alla vetta prevede di ripristinare Campo 1 nei primissimi giorni di questa settimana e di proseguire la salita per piazzare le tende di Campo 2, a 5.950 metri. «Sarebbe un risultato molto importante sfruttare questa parentesi di sereno per attrezzare la parete fino a Campo 2. Lo dobbiamo fare, stiamo bene per fortuna, siamo tutti in buona forma. Così recuperiamo anche i giorni di inattività trascorsi al base», i propositi del vicentino. Le regole del gioco, è vero, qui le impone il Nanga Parbat, e Vielmo le conosce bene. Massimo rispetto per la montagna, ma mai perdere le occasioni che ti offre.

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