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L'impresa

Mario Vielmo conquista il suo tredicesimo Ottomila: scalato il Nanga Parbat

L’alpinista vicentino ha raggiunto la cima. Ora manca solo un’ultima vetta per conquistare tutte le 14 montagne oltre gli 8 mila metri.
Mario Vielmo ha raggiunto la vetta del Nanga Parbat: ora manca una cima per conquistare i 14 ottomila
Mario Vielmo ha raggiunto la vetta del Nanga Parbat: ora manca una cima per conquistare i 14 ottomila
Mario Vielmo ha raggiunto la vetta del Nanga Parbat: ora manca una cima per conquistare i 14 ottomila
Mario Vielmo ha raggiunto la vetta del Nanga Parbat: ora manca una cima per conquistare i 14 ottomila

Finalmente solo e unicamente discesa, lunga perigliosa ma pur sempre discesa, fino al campo base, rassicurante porto di approdo in vista per oggi dopo le terribili turbolenze sopportate in cinque giorni di estenuante salita. Dura, difficile ma vincente. Sembrava essere una maledizione dopo due anni di tentativi, è diventata una “storica” benedizione. Finalmente in vetta al Nanga Parbat, 8.126 metri. Roccia e ghiaccio da far impallidire solo guardandola, raggiunta, nemmeno a farlo apposta, proprio nel giorno dell’anniversario della prima storica salita compiuta dall’austriaco Hermann Buhl il 3 luglio di 70 anni fa.

A un passo dalla storia

Mario Vielmo questa volta ce l’ha fatta. Con lui i compagni di salita Nicola Bonaiti, Valerio Annovazzi, l’argentino Juan Pablo Toro e l’alpinista pakistano Muhammad Hussein. Tutti senza ossigeno supplementare. Ha dovuto rinunciare fermandosi a campo 3 perché in non perfette condizioni fisiche il vicentino Tarcisio Bellò. Ma il suo resta un contributo fondamentale per il successo dell’altro ieri che ha consentito alla guida alpina di Lonigo di fare tredici. Tredici montagne sopra gli ottomila metri inanellate una dopo altra nell’arco di oltre un ventennio. Manca ancora una impresa sullo Shisa Pangma per arrivare a comporre il fatidico numero di 14 cime sopra gli ottomila e consentire al vicentino di finire nell’olimpo dei migliori di sempre.

L'impresa

Il Nanga, la “montagna nuda” o la “mangiatrice di uomini” come con infinito timore l’hanno da sempre appellata gli hunza, Vielmo l’ha affrontata con le unghie e con i denti, arrivando dopo quattro faticosissimi giorni di salita. Lo scorso anno i mutamenti climatici avevano innalzato le temperature al punto che salire in quota era diventata una sorta di roulette russa. Per questo Vielmo ha anticipato la partenza dall’Italia, accompagnato ancora una volta da Bellò, alpinista di lungo corso, gran conoscitore di Himalaya ma soprattutto delle cime pakistane, e dal padovano Bonaiti con il quale il leoniceno ha scalato qualche anno fa il Lhotse, 8.516 metri, quarta cime del mondo, raggiunta dopo aver subito ore di tormenta vicino alla vetta. Una scelta, quella di raggiungere il Pakistan prima di inizio giugno, rivelatasi alla prova dei fatti vincente. Anche se, ancora una volta, la salita sembrava essere finita fuori tempo massimo. Infatti il tempo è peggiorato considerevolmente, con un forte aumento di venti in quota. Non avessero centrato la meta l’altro ieri, Vielmo e compagni difficilmente avrebbero avuto una pur minima possibilità di ritentare tra ieri e oggi. È stato fondamentale cogliere il momento propizio. 

Uno tra gli ottomila più difficile e pericoloso in assoluto si è concesso “solo” due volte in questa stagione. La prima nell’ultimo fine settimana di giugno. Vielmo con Bellò e Bonaiti non era però riuscito a infilarsi nella scia delle spedizioni commerciali nelle quali si sale con l’ossigeno supplementare, a parte qualche rara eccezione. Così il team guidato dal vicentino è tornato al base per ripartire dopo una settimana di riposo e recupero di energie, venerdì scorso, in base agli aggiornamenti meteo forniti dalla compagna di Vielmo, Francesca Bonan che giornalmente gli comunicava anche la minima variazione nelle previsioni. Un ruolo di fondamentale importanza per garantire agli scalatori informazioni che oltre i 7 mila metri, nella cosiddetta “zona della morte” possono rivelarsi vitali.

A campo 4, la notte prima dell’assalto finale e dopo tre giorni ininterrotti di salita, Vielmo e compagni si sonno ritrovati a dover tentare di riposare in cinque in una tenda da tre. La neve aveva reso inutilizzabili le altre tende. La partenza da campo 4, a quasi 7.500 metri, lunedì è avvenuta con il sole ormai alto e quando una ventina di alpinisti appartenenti a spedizioni commerciali, avviatisi grazie alle bombole di ossigeno nella notte nonostante il vento molto forte, aveva già raggiunto la cima. 

Il leoniceno voleva il Nanga. E il Nanga Parbat si è concesso al leoniceno e ai suoi amici. «Claudio fatto vetta», ha scritto nella notte. Un mondo di emozioni racchiuso in un sms.

La discesa

L'arrivo al base del gruppetto che comprende anche il portatore pakistano è previsto per oggi. Alpinisti pure in discesa di altre spedizioni sono bisognosi di soccorsi. Vielmo, ha fatto sapere Bonan, ha preferito restare ieri notte a campo 2, a 6.100 metri, assieme ai compagni per recuperare le energie necessarie ad affrontare oggi il “muro Kinshofer”, terribile parete di roccia verticale ma questa volta in discesa. Questione di ore e con gli alpinisti sani e salvi al base i calici potranno essere alzati per festeggiare un’impresa compiuta senza faraoniche strutture alle spalle, senza ossigeno, correndo certo rischi e pericoli ma sempre a ragion veduta. Con coraggio, orgoglio, l’umiltà necessaria. Vielmo ha “fatto 13” con una schedina che vale la vita.

Claudio Tessarolo

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