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Bassano

«Fermate la vendita online della sostanza della morte»

Papà e figlio: Alessandro e Matteo Cecconi in una foto diffusa dalla famiglia
Papà e figlio: Alessandro e Matteo Cecconi in una foto diffusa dalla famiglia
Papà e figlio: Alessandro e Matteo Cecconi in una foto diffusa dalla famiglia
Papà e figlio: Alessandro e Matteo Cecconi in una foto diffusa dalla famiglia

«Sanno che stanno uccidendo le persone. Ne sono pienamente consapevoli. Semplicemente, non gli importa». Dagli Stati Uniti all’Italia, dalla signora Catherine Scott ad Alessandro Cecconi, papà di Matteo, lo studente bassanese che la scorsa primavera si è tolto la vita ingerendo un conservante alimentare acquistato su internet. Adesso, sotto una voce comune, che abbatte qualsiasi barriera di spazio e di “potere”, le famiglie delle vittime del sito della morte, con gli amministratori ora sotto indagine grazie a un’inchiesta avviata negli scorsi mesi dal New York Time, puntano il dito anche contro le piattaforme (Amazon ed E-Bay in primis) che quel prodotto, seppur legale, continuano a venderlo anche sapendo che centinaia di ragazzi nel mondo l’hanno acquistato (e possono acquistarlo anche adesso) con il preciso obiettivo di suicidarsi. 

L’inchiesta del Nyt «Per favore, smetti di vendere questo prodotto», è stato il primo appello pubblicato in una recensione su Amazon nel luglio 2019 dalla parente di una nipote che aveva usato il conservante per uccidersi. «Ho già avvisato Amazon e hanno detto che ci avrebbero aiutato con questo, ma non l'hanno fatto». Da allora i suicidi sono continuati non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia, come è accaduto per Matteo. Il New York Times ha identificato 10 persone che si erano suicidate usando il composto chimico dopo averlo acquistato attraverso il sito negli ultimi due anni. Ora, i membri del Congresso americano chiedono risposte. «In una lettera inviata la scorsa settimana ad Andy Jassy, presidente e amministratore delegato di Amazon, un gruppo bipartisan di membri della Camera ha chiesto un resoconto delle vendite dell'azienda del conservante e dei relativi suicidi, dettagli su come il rivenditore aveva affrontato i pericoli e una spiegazione su come aveva risposto ai reclami». Si legge sul New York Times. In una risposta scritta ai legislatori giovedì, Brian Huseman, vicepresidente per le politiche pubbliche di Amazon, ha espresso le condoglianze alle famiglie dei morti difendendo le pratiche di Amazon e le vendite del complesso, spiegando che «Amazon mette a disposizione dei nostri clienti un'ampia selezione di prodotti perché confidiamo che utilizzeranno quei prodotti come previsto dai produttori. Come molti prodotti di consumo ampiamente disponibili, il composto può purtroppo essere utilizzato in modo improprio». Ma questa risposta, a legislatori americani non sarebbe bastata. Nel frattempo altri siti avrebbero affermato di aver “limitato le vendite del composto”. L'anno scorso, sempre stando a quanto riportato dal Nyt, «un direttore di eBay ha scritto a un medico legale in Inghilterra che la società aveva proibito le vendite globali del composto nel 2019 dopo aver ricevuto un rapporto sul suo potenziale utilizzo nei suicidi. Tuttavia, da allora il Times ha identificato otto suicidi che hanno coinvolto la vendita del veleno su eBay». Anche Matteo Cecconi aveva acquistato il conservante col quale si è tolto la vita tramite lo stesso sito. 

Il papà di Matteo Per i genitori dello studente di 18 anni che si è tolto la vita lo scorso 26 aprile, mentre era collegato a un sito che “accompagnava al suicidio” ingerendo il conservante quando stava seguendo le lezioni in Dad, la battaglia intrapresa dalla famiglie americane, vittime della stessa tragedia, è totalmente condivisa. «Altre persone lottano contro questo sito e contro la libera vendita della sostanza - spiega il padre, Alessandro - E lo fanno con maggior forza di come riesco a fare io. Io che ancora sono bloccato con la Procura di Vicenza che non sembra aver preso una posizione netta rispetto a quanto accaduto, ma che ha aperto, almeno così ci è stato detto, un dialogo con la Procura di Roma, che ha limitato l'accesso al sito in Italia, sono anche in contatto con le persone che in Olanda, Gran Bretagna, Stati Uniti hanno sollevato la battaglia contro il sito. Sono in contatto con Marco Gianfreda, papà di Flavio, morto nello stesso modo di mio figlio, che ha fondato Iosonoenea, che si occupa di promuovere l'arte nei giovani, ma anche di contrastare la vendita della sostanza ed il sito pro suicidio. Chiudere il sito, bloccarlo in Italia non impedirà di aprirne un altro o di accedervi da altri server. Lo stesso per la vendita della sostanza». Allora la domanda: «Non serve a nulla lottare? Dall'altra parte c'è l'alternativa, che è tacere - si chiede lo stesso Cecconi - Serve invece un supporto mediatico, per arrivare ad un appoggio politico, l'unico realmente in grado di fermare questa oscenità. Tacere vorrebbe dire perdere la guerra a priori. Utopisticamente credo che l'unica strada realmente efficace sia l'identità digitale». Le famiglie di Matteo e Flavio si sentono costantemente. «Marco di recente mi ha scritto che da quando Flavio è morto non dormono più - conclude Cecconi - Dice che se non si fossero esposti e raccontato la nostra storia, se non avessero usato i media, l'indagine della Procura di Roma sul decesso del loro figlio sarebbe stata archiviata. Invece ha portato all'oscuramento (purtroppo ancora parziale) del sito, all'apertura di un fascicolo per istigazione al suicidio, ad una serie di rogatorie internazionali con lo scopo di rintracciare e punire gli amministratori del sito web. Dobbiamo ottenere dalle istituzioni che la vendita di quella sostanza venga riservata ai soli operatori professionali».

Francesca Cavedagna

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