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Il caso

Inchiesta internazionale: il 18enne bassanese suicida è tra le cinquanta vittime del dark web

Papà e figlio: Alessandro e Matteo Cecconi in una foto diffusa dalla famiglia
Papà e figlio: Alessandro e Matteo Cecconi in una foto diffusa dalla famiglia
Papà e figlio: Alessandro e Matteo Cecconi in una foto diffusa dalla famiglia
Papà e figlio: Alessandro e Matteo Cecconi in una foto diffusa dalla famiglia

La morte di Matteo Cecconi è diventata un caso internazionale. Che potrebbe aprire orizzonti d’indagine molto più ampi rispetto a quella avviata dalla Procura della Repubblica di Vicenza.
Il suicidio del giovane studente bassanese è stato ripreso da un’inchiesta del New York Times sui siti del cosiddetto “dark web”, che in tutto il mondo istigano a provare emozioni forti fino anche a togliersi la vita. Sul “sito della morte” al quale era connesso anche il giovane la mattina dello scorso 26 aprile, quando ha ingerito di proposito una sostanza velenosa acquistata su internet, il prestigioso quotidiano americano ha indagato per settimane, portando alla ribalta una rete di adepti e decine di migliaia di “sostenitori” in tutto il mondo. Il caso di Matteo, classificato come «studente diciottenne di Bassano del Grappa (Italia)» è stato inserito tra quelli riconducibili a una catena internazionale. E i giornalisti americani hanno intervistato anche Alessandro Cecconi, il papà del giovane. Proprio le testimonianze del genitore bassanese hanno permesso di allargare l’inchiesta anche all’Italia, dove almeno altri due giovani hanno trovato la morte nello stesso modo, collegandosi allo stesso sito: si tratta di due ragazzi residenti nell’hinterland romano. 

Il fenomeno, ricostruito dal New York Times, ha un’estensione mondiale. Insieme, e nello stesso modo di Matteo, nel mondo sono morti almeno altri 45 giovani solo negli ultimi due anni, tra Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Canada e Australia. Ma la scia dei decessi è probabilmente molto più lunga.
Tra loro ci sono Roberta, studentessa di 22 anni, di Glasgow, che si era rivolta al sito della morte perché si sentiva «irrimediabilmente sola»; Matthew, 17 anni, di Dallas, sfiduciato dallo studio a distanza imposto dalla pandemia; Shawn, 25 anni, della Pennsylvania, insoddisfatto del suo lavoro; Daniel, 16 anni di Salt Lake City, preoccupato da un disturbo allo stomaco che credeva inguaribile. Tutti questi giovani hanno trovato la morte dopo essersi collegati al sito incriminato, ora oscurato in Italia, su disposizione della Procura della Repubblica di Roma, che per la morte dei due giovani laziali ha aperto un inchiesta per istigazione al suicidio.

Inizialmente gli inquirenti bassanesi e la Procura di Vicenza erano stati estremamente prudenti nelle valutazioni. A lungo si è ritenuto che non vi fossero realtà occulte sulle quali indagare. Tuttavia i successivi accertamenti, e gli episodi simili verificatisi prima e dopo in altre zone d’Italia, hanno risvegliato l’attenzione sulla vicenda di Matteo. Ora l’obiettivo è quello di fermare i siti e le chat alimentati da personaggi senza scrupoli che incredibilmente sembrano dediti a circuire persone deboli e a metterle in contatto tra loro. Ma l’impresa è difficile: nella nebbia del web, questa gente è abile a non lasciare tracce. Eppure dei punti fermi ci sono. Come confermato dal Times, il sito in questione, «avviato nel marzo 2018 da due figure oscure, ora sotto inchiesta - fornisce indicazioni esplicite su come morire. Nei forum pubblici del sito, nelle chat dal vivo e tramite messaggi privati, i giovani discutono di impiccagione, veleno, armi e gas. Sconosciuti cercano partner per incontrarsi faccia a faccia e si uccidono insieme.
I partecipanti si sostengono regolarmente l'un l’altro, mentre condividono piani di suicidio, pubblicando messaggi rassicuranti, pollice in su e emoji del cuore e lodi per coloro che seguono le indicazioni di un manuale della morte: "coraggioso", "una leggenda", "un eroe”».

Francesca Cavedagna

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