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Ambiente

Nell’aria 140 tonnellate di Pm10: «Servono due milioni di alberi»

Ogni anno nel capoluogo vengono liberati migliaia di chili di particolato. Per catturarli servirebbe un bosco di oltre tredici chilometri quadrati
Allarme Pm10: servirebbero due milioni di piante per catturare migliaia di chili particolato nell’aria ARCHIVIO
Allarme Pm10: servirebbero due milioni di piante per catturare migliaia di chili particolato nell’aria ARCHIVIO
Allarme Pm10: servirebbero due milioni di piante per catturare migliaia di chili particolato nell’aria ARCHIVIO
Allarme Pm10: servirebbero due milioni di piante per catturare migliaia di chili particolato nell’aria ARCHIVIO

Immaginate un’area di tredici chilometri quadrati piena di piante. Difficile? Eppure è quella che servirebbe per catturare tutto il Pm10 prodotto in un anno in città. Tradotto in alberi necessari a svolgere questo “sporco” lavoro, il numero è altrettanto impressionante: 2 milioni.

Stime

Va detto, ma che aiutano a comprendere quanto, tra le buone pratiche necessarie per affrontare il problema dello smog, vada inserita un’accelerata nella “rivoluzione verde”, che passa anche per nuove piantumazioni in contesto urbano. Una pratica che sta guadagnando via via sempre maggior rilevanza nelle agende di molte amministrazioni comunali, Vicenza compresa, ma che richiede probabilmente uno sforzo ancora maggiore, sia da parte del pubblico, che del privato.

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La situazione attuale

Non è per nulla rassicurante. Dal 10 febbraio Vicenza non ha avuto tregua per quanto riguarda la morsa dello smog. E se le previsioni per questi ultimi giorni lasciano sperare in un miglioramento, grazie all’arrivo di nuove correnti, non è detto che sia duraturo. La qualità dell’aria che dal 10 al 25 febbraio (ultimo dato disponibile) i vicentini hanno respirato, ha viaggiato tra il livello scadente e quello pessimo, il che significa che la soglia limite dei 50 microgrammi di Pm10 al metro cubo d’aria fissata dalla legge è stata più volte doppiata. Non una novità, purtroppo, dato che i periodi autunnale e invernale - e in particolare i mesi di gennaio e febbraio - a queste latitudini, come nell’intera Pianura Padana, sono da sempre temuti per quanto riguarda la minaccia delle polveri sottili. La sfida contro il particolato, dunque, è notoriamente difficile e di lavoro da fare ce n’è parecchio. 

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I dati

Secondo i dati elaborati tra il 2019 e il 2020 dallo studio Adaptev, spin-off dell’università di Venezia, nell’ambito di una mappatura sulla qualità dell’aria del Vicentino commissionata dalla Provincia, nel capoluogo ogni anno vengono immesse nell’aria circa 140 tonnellate di Pm10 primario, cui vanno aggiunti altre 115 tonnellate di Pm2,5 e i contribuiti di altri inquinanti, tra cui ossidi di azoto, composti organici volatili, anidride solforosa e ammoniaca. 
Sempre secondo lo studio (che fa riferimento a valori 2018, incrociando dati Inemar e consumi reali) nella produzione di Pm10 incide per il 38 per cento la residenza, dunque in particolare gli impianti di riscaldamento, e per il 35 per cento la mobilità. La parte restante è imputabile a industria (20,7%), agricoltura (3,28%) ed elementi naturali (2,8%). 

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Il punto

«Se consideriamo il Pm10, la capacità media di cattura di una pianta come un bagolaro, un carpino o una rovella, per fare qualche nome, è di 70 grammi l’anno», è l’analisi di Emiliano Vettore, responsabile dello studio con Diego Pellizzaro, fondatori anche di Beleafing, società di consulenza che crea e sviluppa progetti di forestazione urbana, diffusa e partecipata. Si tratta di un «valore medio desunto dalla letteratura scientifica», precisa. Nell’ipotesi in cui volessimo catturare tutto il Pm10 prodotto in un anno nel capoluogo «ci servirebbero dunque circa 2 milioni di alberi», calcola Vettore. Piante che richiederebbero per essere messe a dimora «una superficie complessiva di 13,5 chilometri quadrati». Ovviamente la piantumazione dovrebbe avvenire in maniera diffusa, quindi questo spazio va pensato “spalmato” su tutto il territorio comunale. Ecco che un parco, una piccola aiuola, ma anche un giardino possono fare la differenza. «Questi dati - aggiunge Vettore - significano due cose, la prima è che dobbiamo ridurre la produzione di Pm10 prima di pensare ad assorbire gli inquinanti con gli alberi; la seconda è che oltre alle aree pubbliche è fondamentale l’intervento dei privati, ad esempio con giardini e campi agricoli, anche al fine di creare una grande “green belt” attorno alla città». Utili, al fine di generare verde, possono essere anche «pareti e tetti verdi, ad esempio nelle zone industriali». Aspetti, questi, inseriti anche nel “Prontuario del verde”, approvato nelle scorse settimane dalla giunta. 

 

Alessia Zorzan

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