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Appello per il suicidio assistito

Il vescovo chiama Gheller: «Incontriamoci e parliamo»

Battaglia Stefano Gheller, 49 anni, di Cassola
Battaglia Stefano Gheller, 49 anni, di Cassola
Battaglia Stefano Gheller, 49 anni, di Cassola
Battaglia Stefano Gheller, 49 anni, di Cassola

Il vescovo di Vicenza, monsignor Beniamino Pizziol, è stato il primo a chiamare ieri mattina Stefano Gheller, il quarantonovenne di Cassola, affetto da una grave malattia invalidante progressiva, che ha inviato all’Ulss 7 una richiesta di autorizzazione al suicidio assistito, la prima nel Veneto. La telefonata del vescovo è arrivata ieri mattina.  Il presule, racconta lo stesso Gheller, si è voluto informare sulle sue condizioni, gli ha chiesto se era davvero convinto di voler mettere fine alla sua vita e gli ha proposto un incontro, che dovrebbe avvenire nelle prossime settimane.

Monsignor Pizziol è da sempre particolarmente attento al caso del cassolese, ed era andato privatamente a fargli visita un paio di anni fa, quando Gheller aveva manifestato segnali di sfiducia nella vita. Un colloquio che il malato aveva apprezzato e che lo aveva convinto a ritrovare quella speranza che ora sembra essergli tornata a mancare in modo molto serio.

Non è tutto. L’amministrazione comunale di Cassola ha già contattato Gheller per rivedere il suo piano assistenziale: l’uomo, dato anche il costante aggravarsi delle sue condizioni, fatica a mantenersi e a pagare le costose cure delle badanti, che richiedono preparazioni sempre più specifiche. Il cassolese spera anche di poter incontrare il governatore del Veneto, Luca Zaia: «So che la mia vita sta giungendo al termine - afferma -, ma voglio che la mia storia abbia un senso per tutti i disabili che devono combattere dure battaglie quotidiane, per assicurasi il diritto a un’assistenza adeguata, la libertà di accedere agli spazi pubblici senza barriere e con servizi equi, ma anche ovviamente la libertà di decidere di morire quando il peso della malattia diventa insostenibile».

 

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Gheller soffre fin da quando aveva 15 anni di una distrofia progressiva che lo ha fatto finire immobile su una sedia a rotelle, attaccato a un respiratore. Dopo che la sua storia fu divulgata in seguito a un furto che subì, inerme, nella sua abitazione nel 2019, può contare su tanti amici sinceri. Tra loro c’è anche il vescovo: «Quella di monsignor Pizziol è stata la prima telefonata che ho ricevuto dopo che è uscita la notizia sul Giornale di Vicenza - racconta il malato -. Mi ha chiesto come stavo e se ero realmente convinto della mia scelta. Poi mi ha chiesto se avevo piacere che mi venisse a trovare, e ovviamente gli ho detto di sì. Ho già avuto occasione di incontrarlo due volte, ed è sempre stato un piacere perché lo ritengo una persona intelligente e molto umana. Il vescovo non mi ha mai giudicato per le mie opinioni sul fine vita, ma ci siamo confrontati a lungo e io rispetto il suo pensiero anche se diverso dal mio, proprio perché non ha mai cercato di forzarmi a cambiare idea. L’importante è solo essere liberi di scegliere, comunque la si pensi».

 

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«Monsignor Pizziol - ci tiene a far sapere Gheller - si è anche offerto di pagare le spese di una settimana al mare che avevo prenotato. Lo trovo un gesto di grandissima umanità. Non smetterò mai di ringraziarlo per tutto quello che ha fatto e fa per me». 

 

Francesca Cavedagna

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