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LABORATORIO DELL’OCCIDENTE

Raccoglimento al Memorial sull’Olocausto. EPA/OMER MESSINGER
Raccoglimento al Memorial sull’Olocausto. EPA/OMER MESSINGER
Raccoglimento al Memorial sull’Olocausto. EPA/OMER MESSINGER
Raccoglimento al Memorial sull’Olocausto. EPA/OMER MESSINGER

Dietro l’avanzata dell’estrema destra, con tutto quel che può significare in un Paese che non ha ancora finito di metabolizzare gli orrori del nazismo, si nasconde una Germania nuova. Con lo stesso cancelliere, Angela Merkel, ma con uno spirito diverso. Una potenza economica straordinaria ma anche un modello di integrazione coraggioso, costoso in termini politici, ma lungimirante in uno scacchiere occidentale dove i valori fondanti sono messi continuamente in discussione. Insomma, benvenuti in quella che The Economist ha ribattezzato Cool Germany, ricalcando il concetto di Cool Britannia coniato ai tempi di Tony Blair. Sì, la Germania ora fa tendenza. In una parola, è simpatica e si candida a diventare il nuovo punto di riferimento dei valori liberali che dovrebbero costituire il dna di un Occidente sbrecciato dal populismo del suo alfiere americano. Le elezioni sono andate come sono andate, cioè non benissimo per Angela Merkel, che ha visto la sua Csu scendere ai minimi storici nel Dopoguerra, al 33 per cento. E nemmeno per i rivali/alleati di centrosinistra della Spd, scesi dal 26 al 21 per cento, hanno potuto festeggiare. Tutto a causa del fatto, sostiene la stessa cancelliera da poco confermata alla guida del Paese, che i cittadini tedeschi si sentano Unbehagen, cioè provino una sorta di malessere globale nei confronti della crisi derivante dal massiccio afflusso di profughi degli ultimi anni. Con le negative conseguenze sulla percezione del futuro dell’economia che tutto questo comporta. Eppure, nonostante l’ascesa di AfD (Alternative für Deutschland), la formazione di destra ostile all’immigrazione, alla fine i cristianodemorcatici e i socialisti hanno formato il governo riaffidando alla Merkel le chiavi di un governo che dirige dal novembre del 2005. La scelta della figlia del pastore luterano di aprire le porte, tra il 2015 e il 2016, a 1,2 milioni di profughi in arrivo dai Paesi più disastrati del pianeta è stata coraggiosa, controproducente dal punto di vista elettorale ma anche coerente con quelli che dovrebbero essere i valori ispiratori dell’occidente. Oltre che conveniente dal punto di vista economico e sociale per un Paese che sta invecchiando velocemente. «Tutto questo - scrive The Economist - ha confermato la trasformazione della Germania, un tempo omogenea, in una sorta di melting pot. Sta emergendo un concetto di identità più inclusivo in un Paese che ha dovuto attendere fino al 2000 per poter estendere la cittadinanza a coloro che non hanno origini tedesche e che ora comincia a definire la nazionalità più sulla base di concetti civici che etnici». Come in tutti i Paesi dell’occidente, scossi dalle ondate migratorie, anche in Germania si è assistito alla crescita delle formazioni populiste, ma non al punto da impedire alla principale “colpevole” del melting pot teutonico di rimanere, con qualche alchimia politica, in sella. «Il risultato dello scontro tra queste forze - prosegue The Economist - determinerà il futuro della più grande economia d’Europa. E influenzerà anche gli equilibri geopolitici. La Germania sta affrontando l’ascesa di una società maggiormente pluralista come in tutti i Paesi europei. Ma i tedeschi sono, per temperamento, moderati e, grazie anche alle lezioni apprese dalla storia, particolarmente sensibili ai pericoli della demagogia. Il modo in cui gestiranno questa transizione potrebbe diventare un modello anche per gli altri». Eccola, dunque, la Cool Germany, la Germania che fa tendenza e che pure si tiene al comando la Merkel, la cancelliera buona per tutte le stagioni. Eppure, secondo The Economist, questo nuovo laboratorio dell’occidente ora richiede un cancelliere diverso, «proattivo in casa e ambizioso all’estero». Basta con la riluttanza a spendere quanto serve per la difesa e ad affrontare le storture del surplus di bilancio. A Berlino ci deve essere qualcuno disposto a fare della nuova Germania il punto di riferimento di un sistema di valori che sta soffrendo una grave crisi d’identità. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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