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L’OCCIDENTE “SCARICA” I CURDI

Un gruppo di curdi alzano le mani in segno di vittoria a un funerale di due combattenti curdi in Siria. La foto è datata 2014 ed è stata scattata in Turchia, il paese che ora ha avviato l’attacco contro le posizioni curde in Siria. ANSA/AP/LEFTERIS PITARAKISIl “sultano” Erdogan ha avviato la guerra contro i curdi in Siria. EPA/STR
Un gruppo di curdi alzano le mani in segno di vittoria a un funerale di due combattenti curdi in Siria. La foto è datata 2014 ed è stata scattata in Turchia, il paese che ora ha avviato l’attacco contro le posizioni curde in Siria. ANSA/AP/LEFTERIS PITARAKISIl “sultano” Erdogan ha avviato la guerra contro i curdi in Siria. EPA/STR
Un gruppo di curdi alzano le mani in segno di vittoria a un funerale di due combattenti curdi in Siria. La foto è datata 2014 ed è stata scattata in Turchia, il paese che ora ha avviato l’attacco contro le posizioni curde in Siria. ANSA/AP/LEFTERIS PITARAKISIl “sultano” Erdogan ha avviato la guerra contro i curdi in Siria. EPA/STR
Un gruppo di curdi alzano le mani in segno di vittoria a un funerale di due combattenti curdi in Siria. La foto è datata 2014 ed è stata scattata in Turchia, il paese che ora ha avviato l’attacco contro le posizioni curde in Siria. ANSA/AP/LEFTERIS PITARAKISIl “sultano” Erdogan ha avviato la guerra contro i curdi in Siria. EPA/STR

L’anno prossimo il trattato di Sèvres compie cent’anni. Il 10 agosto del 1920 le potenze alleate vincitrici della prima guerra mondiale firmarono nella città francese un trattato di pace con quel che restava dell’impero ottomano e, tra i punti di quell’intesa, figurava anche la nascita del Kurdistan, un nuovo stato compreso tra i confini di Turchia, Siria, Iran e Iraq destinato a dare una patria alla nazione curda. Quel trattato fu subito disatteso e il colpo inferto dal combinato disposto dell’“alleato” Donald Trump e dal nemico Recep Tayyip Erdogan ai curdi residenti nella fascia di confine turco-siriana non è altro che l’ultima delusione che questo popolo negletto dalla storia deve subire dal consesso delle nazioni cosiddette civili. La Turchia sembra destinata a guadagnarsi il titolo di principale carnefice dei curdi e, contemporaneamente, quello di prima sostenitrice dei macellai dello stato islamico. Fu da quelle porose frontiere tra Siria e Turchia che entrarono i militanti invasati e assassini guidati dello sceicco Abu Bakr al-Baghdadi, il leader dell’Isis. A Erdogan, ansioso di accreditarsi come leader di riferimento dei musulmani sunniti in concorrenza con l’Arabia Saudita, permise questa deriva anche per lanciare indirettamente la minaccia ai nemici di sempre, i curdi, appunto, che si diventarono la prima difesa militare seria contro questa marea nera destinata a diventare presto una minaccia mortale per l’intero occidente, che sembra aver già dimenticato i tanti sanguinari attentati subiti dagli scherani imbevuti dal delirio islamista dello sceicco. Gli americani, storici alleati dei curdi anche in Iraq, quando l’attacco a Saddam Hussein venne lanciato proprio con l’appoggio vitale dei peshmerga presenti nel nord del Paese, affidarono subito a questi valorosi guerriglieri la prima difesa sul campo, fornendo armi e sostegno logistico contro la dilagante macchia nera. Sono bastati pochi tweet del presidente Trump per scaricare coloro che avevano combattuto “una guerra inutile” e richiamare i soldati americano da quella strisci di Siria, autorizzando di fatto l’attacco massiccio di Erdogan. Salvo poi, in un poco credibile rigurgito di coscienza, minacciare sanzioni contro la Turchia che, vale la pena ricordarlo, dovrebbe essere una colonna portante della Nato nell’area più infuocata del pianeta. Droni, attacchi aerei, bombardamenti, la missione di Erdogan contro gli odiati nemici. «Il presidente Erdogan – ha ricordato The Economist – ha detto che il suo scopo è quello di “distruggere il corridoio del terrore che si sta tentando di costituire nel nostro confine meridionale”. In altre parole, lui vuole cacciare i curdi dall’enclave siriana. La forza principale curda, l’Unità di protezione popolare (Ypg), si è guadagnata il controllo di quell’area combattendo insieme agli americani contro lo Stato islamico. Questa ha creato quella che per la Turchia è una situazione intollerabile, dal momento che l’Unità di protezione popolare ha stretti legami con il partito dei lavoratori curdo (Pkk), un gruppo separatista che combatte l’esercito turco da 35 anni». Insomma, per Erdogan è una resa dei conti e il fatto che la Nato gli abbia di fatto dato il via libera, con tutte le vuote ammonizioni d’ufficio, lascia intendere che ancora una volta a pagare il conto saranno proprio i curdi. In Europa tutti i leader si stracciano ufficialmente le vesti, salvo poi continuare a pagare il sultano perché tenga lontani dal Vecchio Continente quei 3 milioni e passa di profughi che lo stesso Erdogan ha contribuito a creare lasciando passare dal suo confine gli sterminatori dell’Isis. Ora l’attacco turco sembra destinato a provocare altri 750 mila profughi. E i curdi, che gestiscono anche decine di migliaia di prigionieri dell’Isis, non garantiscono più il ruolo di guardiani di quella civiltà che li ha traditi l’ennesima volta. E pensano di chiedere aiuto addirittura al satrapo siriano Bashar al-Assad, smettendo così di combattere la libertà e la democrazia in cambio di uno scampolo di autonomia. E tanti saluti all’occidente. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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