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GLI USA ABBANDONANO I CURDI

Soldati americani monitorano la frontiera che divide la Siria dalla Turchia. Il presidente Trump ha deciso di ritirare le truppe presenti in territorio siriano, abbandonando di fatto gli storici alleati curdi che hanno combattuto lo Stato IslamicoDonald Trump e il segretario alla Difesa Mattis. AP PHOTO/SUSAN WALSH
Soldati americani monitorano la frontiera che divide la Siria dalla Turchia. Il presidente Trump ha deciso di ritirare le truppe presenti in territorio siriano, abbandonando di fatto gli storici alleati curdi che hanno combattuto lo Stato IslamicoDonald Trump e il segretario alla Difesa Mattis. AP PHOTO/SUSAN WALSH
Soldati americani monitorano la frontiera che divide la Siria dalla Turchia. Il presidente Trump ha deciso di ritirare le truppe presenti in territorio siriano, abbandonando di fatto gli storici alleati curdi che hanno combattuto lo Stato IslamicoDonald Trump e il segretario alla Difesa Mattis. AP PHOTO/SUSAN WALSH
Soldati americani monitorano la frontiera che divide la Siria dalla Turchia. Il presidente Trump ha deciso di ritirare le truppe presenti in territorio siriano, abbandonando di fatto gli storici alleati curdi che hanno combattuto lo Stato IslamicoDonald Trump e il segretario alla Difesa Mattis. AP PHOTO/SUSAN WALSH

Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin applaudono, Jim Mattis, segretario alla Difesa di dimette, i curdi, fino a ieri fedeli alleati che hanno contribuito in misura determinante a smembrare i macellai dello Stato Islamico, sono lasciati alla mercé dell’offensiva dei turchi. Basterebbe mettere in fila queste reazioni e queste conseguenze per capire il significato della decisione di Donald Trump di ritirare tutte le truppe americane dalla Siria, interrompendo anche i bombardamenti aerei nella zona calda, a sostegno proprio dei curdi. Come se non bastasse, a stretto giro di posta il presidente americano ha annunciato, contro il parere del Pentagono e del buon senso, il richiamo di 7.000 soldati dell’esercito americano dall’Afghanistan. «Il presidente Trump - ha spiegato Mattis mentre presentava le dimissioni - merita un segretario alla Difesa con idee che siano allineate alle sue». Sottinteso, ma neanche troppo, «io ho idee opposte alle sue». «Quelli pietrificati sono i generali del Pentagono - scrive Daniele Raineri su Il Foglio - e gli uomini del Dipartimento di Stato e del consiglio nazionale di sicurezza che avevano tentato di imporre al presidente una linea politico-militare che lui non sentiva sua e che infine ha cancellato con un tweet. I generali americani avevano giurato ai curdi che sarebbero rimasti al loro fianco, ma sono stati smentiti». Già, proprio così, scaricati. I curdi, gli storici, fedeli e valorosi alleati fin dai tempi dell’invasione americana dell’Iraq all’inizio del millennio, quando i parà Usa della base di Vicenza vennero guidati all’attacco delle posizioni irachene del nord dai peshmerga, sono stati scaricati con un tweet presidenziale. Preceduto da una telefonata durata mezz’ora con Erdogan, in teoria socio della Nato, in realtà fomentatore di disordini e nemico mortale degli stesi curdi, nel corso della quale il sultano chiedeva, ed evidentemente otteneva, il disimpegno americano dal territorio siriano. «Lo Stato Islamico è stato sconfitto - ha argomentato Trump - e quindi possiamo andarcene dalla Siria». Ci pensassero Erdogan e Putin a finire le ultime roccaforti del nemico. Peccato che il leader turco, più che i residuati dello Stato Islamico, abbia come obiettivo lo sterminio dei curdi che si oppongono alla sua avanzata e sognano uno Stato che la storia continua a negare. «La coincidenza dei ritiri delle truppe in Siria e in Afghanistan - scrive Robin Wright sul New Yorker - possono esser considerate improvvise e inaspettate ma le decisioni riflettono il diminuito, i critici dicono sparito, impegno Usa nel Medio Oriente e nel Sud dell’Asia. La regione è ancora importante, sostiene Jeffrey Feltman, ex ambasciatore e sottosegretario generale alla Nazioni unite, ma non così importante come lo era 10 o 15 anni fa. Il conflitto arabo-israeliano era al top dell’agenda un tempo ma ora non lo è più. La relazione speciale tra Egitto e Israele continuerà a prescindere dalla presenza americana nell’area». Certo, fa un po’ sorridere sentire i democratici americani criticare il presidente che ritira le truppe dall’Afghanistan e dalla Siria dopo che lo stesso Barack Obama aveva condotto a suo tempo una campagna elettorale incentrata sul ritiro delle truppe mandate in quell’area dall’odiato, allora, George W. Bush, salvo poi accorgersi che gli Stati Uniti non potevano permettersi di lasciare il lavoro a metà. Trump non si fa di questi problemi: nonostante il parere negativo del Pentagono, nonostante il pressing di un galantuomo come l’ex generale Mattis, il presidente ha distrutto mezzo secolo di politica americana in Medio Oriente con un paio di tweet. Per la gioia di Putin che adesso, con Erdogan, rimane l’attore principale in quello scenario complesso del pianeta. Trump ha ceduto su tutta la linea a Erdogan, tranne che sull’unico punto sensato: la messa in stato d’accusa dell’Arabia Saudita per l’omicidio del giornalista del Washington Post ordinato dal principe Mohamed bin Salman. E ora nessun alleato si fida più degli Usa. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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