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Gozzano, le sue poesie
pennellate di un’epoca

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

TORRI DI QUARTESOLO

Avevo diciotto anni quando il professore di filosofia, non di lettere sottolineo, ci portò in lettura una poesia di Guido Gozzano: “La signorina Felicita ovvero la Felicità”. Fino a quel momento conoscevo Gozzano solo per “La Notte Santa” imparata alle elementari per le feste natalizie. Con “Felicita” scoprii un nuovo mondo poetico, lieve come un storia d’amore. Finito il liceo, ripensando a quel periodo della mia vita, mi ricordai della poesia perduta. La ritrovai in un’edizione de “Le poesie di Gozzano” nella indimenticabile libreria “Do Rode” di Virgilio Scapin. E’ un libro che conservo gelosamente e ritengo, da allora, un inseparabile compagno di vita. Ogni tanto rileggo la storia di Felicita. Gozzano, con la sua godevolissima poesia rimata e declinata come un racconto, porta il lettore dentro un affresco pennellato, un nostalgico incontro d’amore, il ricordo di una stagione della vita ancorchè di un’epoca. Rileggendola riesco ad immaginare Vill’Amarena, il giardino e le suppellettili, sentire intorno a me l’aroma del caffè tostato (...complice il ricordo del profumo del Tostato Brasil che invadeva la corriera, all’altezza di Viale della Pace, nel tragitto verso scuola). E lei Felicita “quasi brutta e priva di lusinghe” eppure blandamente civettuola, che attende invano il ritorno dell’avvocato di cui si era invaghita, appare come un’icona dei tempi in cui il sogno d’amore poteva apparire intenso quanto l’amore stesso. Meraviglioso anche il ritratto di “Cocotte” quando il poeta ormai adulto ne ricorda l’incontro da bambino, incapace di cogliere il giudizio malevolo degli adulti. Ed è straordinariamente incisivo quando descrive la sfioritura della bellezza femminile senza punte di crudeltà, anzi riaccendendo il ricordo amoroso. L’inquietudine del poeta, il sogno e l’oblio mi rimandano fino a Pavese, assetato d’amore fino a saturarlo con la morte. Forse Gozzano al suo posto avrebbe scritto: “verrà l’inverno e avrà i tuoi occhi...”

Testo inviato dalla biblioteca di Torri di Quartesolo

Bianca Perosa

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