<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
San Pietro in Gu

Dramma in piscina, i bagnini: «Fatto di tutto per salvare Christian»

Christian Menin non aveva ancora compiuto sette anni
Christian Menin non aveva ancora compiuto sette anni
Christian Menin non aveva ancora compiuto sette anni
Christian Menin non aveva ancora compiuto sette anni

«Abbiamo fatto di tutto per salvare Christian. Nessun tempo o tentativo è in nessun modo andato sprecato. Adesso anche il nostro cuore è affranto. Anche noi aspettiamo la verità su quanto accaduto, che potrà essere data solo dall'autopsia». È questa la posizione di Maya Serraglio, di 22 anni, residente a Bressanvido, e di Diego Poletto, 43 anni di Bassano, i bagnini intervenuti per salvare il piccolo Christian Menin, il bimbo di 6 anni morto in circostanze ancora da chiarire lo scorso lunedì nelle piscine Conca Verde di San Pietro in Gu, nel Padovano. Serraglio e Poletto, per quella tragedia sono indagati insieme a Michela Campana, bassanese di 43 anni, titolare dell'impianto: sono tutti residenti nel Vicentino e tutti sono difesi dall'avvocato Leonardo Maran. Per la morte del piccolo Christian, sono indagati anche i genitori Emanuele Menin, 31 anni e Lisa Toniato di 26, entrambi di Limena, che sin dalle ore successive al dramma avevano confermato la capacità dei soccorritori, ma supposto un ritardo nel recupero del loro bimbo, estratto dalla piscina quando ormai era in fin di vita. L'obiettivo della procura di Padova, con il pubblico ministero Roberto D'Angelo è quello di fare piena chiarezza sul susseguirsi dei fatti che hanno portato alla morte del piccolo, dichiarata all'ospedale patavino dove era stato ricoverato in elisoccorso poco dopo l'incidente.

 

Leggi anche
Il padre, rabbia e dolore: «Dov’erano i bagnini?»

 

LA DIFESA. «I bagnini hanno fatto tutto il possibile - spiega Maran - Parlare e attribuire colpe in questa fase e quantomeno prematuro. La verità potrà emergere solo dall'autopsia, per la quale abbiamo nominato un perito di parte». Le ipotesi aperte, anche dalla procura sono almeno due: malore o incidente. Il piccolo Christian, che non sapeva nuotare, sarebbe potuto scivolare accidentalmente in quella vasca profonda 120 centimetri? Qualche amichetto giocando l'avrebbe potuto spingere, oppure ci è caduto perché colto da un malore improvviso? «Sono tutte ipotesi - precisa Maran - Ricordo che il piccolo al momento del primo soccorso indossava la cuffia. Può essere stato colpito da sincope, da un malore generico, oppure può essere morto per annegamento, e questa è l'unica ipotesi che se confermata potrebbe aprire scenari diversi, con diverse responsabilità, che al momento non possono essere imputate ai miei assistiti. Servirà tempo, almeno quello dei referti autoptici. Ora tutto è prematuro. Possiamo solo rispettare il dolore delle persone coinvolte. La piscina resterà chiusa nel giorno del funerale di Christian, questa decisione è già stata presa dalla direzione dell'impianto».

 

LE INDAGINI. In cinque sono sotto inchiesta per omicidio colposo. Gli avvisi di garanzia sono già arrivati a destinazione. L'ipotesi di reato è stata contestata dal pubblico ministero padovano Roberto D'Angelo, titolare dell'indagine sulla morte del piccolo ripescato in gravissime condizioni lunedì, poco prima delle 13, nella vasca attrezzata di scivoli dell'impianto natatorio comunale di San Pietro in Gu, gestito dalla società Conca Verde Piscine. L'avviso viene considerato un "atto dovuto" per consentire lo svolgimento di tutti gli accertamenti, garantendo al massimo il diritto alla difesa delle parti coinvolte. Fondamentale sarà capire le cause del decesso del bambino. 

Francesca Cavedagna

Suggerimenti