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Al San Bortolo

Troppi bimbi al pronto soccorso. Il primario: «In 48 ore 155, nessuna urgenza»

La pediatria del San Bortolo costantemente presa d’assalto ma la maggior parte sono codici bianchi o verdi
In continuo aumento i bambini visitati, anche se non ci sono particolari urgenze (Foto Archivio)
In continuo aumento i bambini visitati, anche se non ci sono particolari urgenze (Foto Archivio)
In continuo aumento i bambini visitati, anche se non ci sono particolari urgenze (Foto Archivio)
In continuo aumento i bambini visitati, anche se non ci sono particolari urgenze (Foto Archivio)

Centocinquantacinque bambini in pronto soccorso pediatrico al San Bortolo in due giorni fra sabato e lunedì mattina. Ottantadue domenica, dei quali 36 durante la notte. Un flusso di accessi a ogni ora, per 48 ore consecutive, senza interruzioni. E questo mentre nel resto della settimana i ritmi restano incessanti. La media è ormai stabile di 50 visite al giorno. 

Pronto soccorso pediatrico preso d'assalto: sono codici bianchi o verdi 

E il paradosso è che, a fronte di questa domanda esagerata, di questo sovraffollamento, non si è registrato alcun codice rosso, tanto meno giallo. La stragrande maggioranza, il 70% dei codici è risultato di colore bianco. Il resto verdi. La corsa in ospedale si è rivelata quasi sempre inutile. La richiesta impropria. Alla fine di questo ennesimo folle weekend soltanto un ricoverato preso in osservazione in via prudenziale.

In altre parole, nei due giorni in questione, non si è vista nessuna patologia urgente, non si è visto nessun bambino in condizioni tali da giustificare il ricorso al pronto soccorso pediatrico, cioè a un reparto destinato per definizione solo alle urgenze, ai casi veramente gravi, alle emergenze.

Non si cerca più il pediatra di base

Ormai è saltata qualsiasi logica. Non si cerca più neppure il pediatra di base. Al minimo malessere del figlio, ma basta anche qualche linea di febbre, un colpo di tosse in più, una banale caduta, i genitori corrono al San Bortolo con il bambino e intasano la sala d’attesa del pronto soccorso pediatrico. 
Solo che le pediatre dell’ospedale sono stremate, sull’orlo del burnout. Non ce la fanno più. Il sistema rischia di andare in cortocircuito a danno anche di chi ha veramente bisogno di cure. E il primario Massimo Bellettato denuncia questa situazione ormai debordante che sta mettendo in crisi un’equipe di assoluta qualità e una struttura centrale nell’organizzazione assistenziale del San Bortolo che da ancora prima dello scoppio della pandemia continua ad avere le sue tre sezioni, l’area di degenze, la terapia intensiva pediatrica, la terapia intensiva neonatale, al massimo tasso di occupazione dei posti-letto, e, appunto, il pronto soccorso preso d’assalto. 

Il primario di pediatria Massimo Bellettato

«In questo modo - dice il dottor Bellettato - ci tolgono risorse preziose che invece dovremmo dedicare alle urgenze vere. In questo momento in reparto abbiamo venti bambini ricoverati su venti posti-letto, e tutti con patologie serie, complesse, importanti. In terapia intensiva pediatrica abbiamo cinque posti su cinque occupati, anche qui con problemi acuti. E in terapia intensiva neonatale 15 posti su 15 occupati fra prematuri e parti gemellari. Noi ce la mettiamo tutta come sempre con passione, entusiasmo, ma più di così non possiamo fare. Occorrerebbe un’azione di educazione della gente perché questi accessi immotivati creano un forte disservizio per l’ospedale». 

«Il numero dei bambini è calato, eppure siamo passati dalle 30 visite di qualche anno fa alle 82 di oggi. Una cosa mai vista. Va detto e ripetuto che il pronto soccorso è un riferimento per le urgenze. Bisogna capire che l’ospedale va utilizzato bene, non si deve e non si può abusarne. Altrimenti le forze vengono meno. Negli ultimi tempi tre pediatre dinanzi a questo impressionante super-lavoro hanno preferito andare a lavorare fuori, hanno lasciato il San Bortolo». 

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Pediatria sotto stress

Come detto, è da parecchio che la pediatria è costantemente sotto stress. Solo dall’autunno del 2022 prima l’epidemia anomala di bronchiolite, il virus respiratorio sinciziale che ha imperversato fino a dicembre, poi lo scorzo marzo le malattie respiratorie, le polmoniti con versamenti pleurici, le febbri persistenti, le tonsilliti da streptococco come non se ne erano mai viste, episodi di Tbc, forme virali diffuse, una varietà incredibile di virus. E, inoltre, i casi a ripetizione di turbe psichiatriche infantili fra crisi depressive e intenzioni suicide, le anoressie estreme, le ragazzine da alimentare con il sondino gastrico. «E gli spazi che diventano sempre più stretti. Fino a sei letti occupati su quattro ufficiali in terapia intensiva pediatrica dove arrivano bambini e ragazzi in forte debito di ossigeno che hanno bisogno della respirazione artificiale anche invasiva, e anche dieci sarebbero sempre pieni. Fino a 18 posti occupati su 15 ufficiali in terapia intensiva neonatale, e ne occorrerebbero anche 20-22». 

 

Franco Pepe

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