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Vicenza

Tav, semaforo rosso di Rfi. Ponte Alto sarà chiuso almeno per 18 mesi

Rigettato il progetto alternativo di Vi.abilità che prevedeva di traslare il viadotto e mantenere sempre aperta una corsia

«Tale soluzione non risulta sostenibile e non potrà essere considerata nello sviluppo della progettazione dell’opera». Sono queste le parole che mettono una pietra tombale sul progetto “salva Ponte Alto” elaborato dai tecnici di Vi.abilità e sottoposto a Iricav Due e Rfi il 12 gennaio. E che dunque certificano una chiusura totale (tra i 18 e i 24 mesi) del viadotto per i cantieri Tav.

La proposta per un abbattimento meno doloroso per il traffico

La lettera che smorza entusiasmi e speranze per un abbattimento meno doloroso - dal punto di vista della viabilità - del viadotto degli Scaligeri nell’ambito dei lavori per la linea dell’Alta velocità-alta capacità è arrivata ieri su carta intestata di Rfi. Una risposta attesa da settimane in Provincia, che tramite il proprio braccio operativo aveva elaborato il progetto alternativo a quello studiato dai tecnici romani, ma anche Comune e Camera di Commercio, ossia i tre enti che avevano sottoscritto la richiesta di valutare la soluzione alternativa alla chiusura totale del viadotto. 

Il progetto alternativo non compatibile con i tempi di realizzazione

Le ragioni del no, da quanto emerge, non sarebbero legate alla realizzabilità o meno dell’intervento, ma ai tempi. Il progetto elaborato da Vi.abilità prevedeva di realizzare un nuovo viadotto a una corsia di marcia a ovest dell’esistente - traslato di 11 metri più a ovest di quello attualmente a progetto - da usare mentre veniva demolito l’esistente. Una volta abbattuto il vecchio viadotto, si sarebbe dovuto allargare il nuovo a due corsie per senso di marcia, rendendolo definitivo. Il tutto, secondo i progettisti, senza stravolgimenti di tempi e costi, anche perché sarebbe stata eliminata la rotatoria a raso tra le vie dell’Industria-Scaligeri-Oreficeria.

Rfi e Ircav hanno visioni diverse

Rfi e Iricav Due, tuttavia, sono giunte a conclusioni diverse. Da un punto di vista tecnico, a quanto pare, l’idea di “spacchettare” la costruzione del viadotto, rendendo sempre percorribile almeno una parte, non sarebbe stata irrealizzabile (anche se evidentemente non considerata in fase si elaborazione del progetto del secondo lotto funzionale Ac/Av “Attraversamento Vicenza”), ma andrebbe a incidere sul cronoprogramma, con uno slittamento di una decina di mesi dell’abbattimento del cavalcavia rispetto a quanto prospettato in origine da Rfi e Iricav Due. Da qui, “il grazie, ma niente da fare” recapitato ieri. «Dall’analisi della documentazione condotta dal consorzio Iricav Due, in qualità di progettista - si legge nella comunicazione di Rfi - è emerso che la soluzione proposta andrebbe a incidere sulla cantierizzazione e realizzazione delle opere di linea ferroviaria (in particolare rileva lo spostamento a nord dell’attuale linea storica, con le relative opere interferenti) poste sul percorso critico del cronoprogramma dei lavori, determinandosi un incremento dei tempi di ultimazione dell’opera ad oggi stimato in almeno 12 mesi».

Una doccia fredda per tutti

Una doccia fredda per chi pensava di aver trovato la chiave. Quel che resta sul tavolo, ora, sono le ipotesi prospettate da Iricav Due, con relativi studi del traffico, e che prevedono 24 mesi di chiusura totale e poi riapertura - soluzione ad oggi più papabile - o 18 mesi di chiusura totale e 12 di apertura parziale, con l’entrata in funzione della carreggiata nord a due corsie, e con un tempo di lavorazione complessivo di 30 mesi. In ogni caso realizzando prima i tre nuovi varchi (con cantieri nei 36 mesi antecedenti all’abbattimento del viadotto): Olmo, Oreficeria e Arsenale.

Alessia Zorzan

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