<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Il duplice femminicidio

«Se Zlatan mi ammazza che cosa sarà dei miei figli?»

La vittima Lidia Miljkovic, 42 anni
La vittima Lidia Miljkovic, 42 anni
La vittima Lidia Miljkovic, 42 anni
La vittima Lidia Miljkovic, 42 anni

C’è un virgolettato, riportato nella sentenza con cui il gup Venditti, nel luglio 2020, aveva condannato Zlatan Vasiljevic a un anno e dieci mesi di reclusione per maltrattamenti nei confronti della sua ex moglie Lidia Miljkovic, che riletto oggi mette i brividi. Le parole sono proprio di Lidia che diceva: «...Io sempre avevo paura, se io faccio diciamo una cosa che lui non è d’accordo, che cosa succede dopo...Sempre avevo paura una volta: se lui mi uccide, cosa sarà dei miei figli?». 

La condanna di Vasiljevic (che era stato assolto sempre nel corso dello stesso procedimento dall’accusa di violenza sessuale) era poi stata ridotta in appello a un anno e mezzo di reclusione. Sentenza di secondo grado che aveva anche fatto decadere le misure cautelari ancora in essere sino a quel momento. Dal carcere Vasiljevic era infatti passato prima ai domiciliari; quindi destinatario del divieto di avvicinamento poi dell’obbligo di firma. A seguire l’imputato, che nel corso degli anni aveva cambiato diversi legali, è stato l’avvocato Alessandra Neri. Che aveva sentito il suo assistito proprio il giorno prima del duplice delitto: «Sono scioccata. Mai avrei pensato potesse accadere una cosa simile. Avevo parlato con il signor Vasiljevic martedì. Una conversazione assolutamente normale in cui gli chiedevo se avesse per caso ricevuto gli atti di un procedimento ancora in corso». Il cittadino di origine bosniaca, residente ad Altavilla, aveva infatti un altro processo pendente in cui era chiamato a difendersi, ancora una volta, dall’accusa di maltrattamenti in famiglia per degli episodi avvenuti tra il 2012 e il 2018.

«Quando ho accettato la sua difesa - spiega l’avvocato Neri - non era ormai più possibile riunire i due processi. Quello ancora pendente tra un rinvio e l’altro aveva preso, incredibilmente, un percorso diverso rispetto all’altro (aperto per tre episodi di violenza in famiglia avvenuti tra febbraio e marzo 2019). Si era paventata l’ipotesi di chiudere la vicenda con un patteggiamento. Ecco, martedì avevamo accennato alla questione, ma parlando poi di altro. Avevo detto al signor Vasiljevic, che sapevo al momento essere senza occupazione, di non smettere di cercarsi un lavoro. Ricordo di avergli detto “Mi raccomando, è giovane, non rimanga a casa. Cerchi un impiego”. Poi ci siamo intrattenuti parlando d’altro, ma nulla, nelle sue parole, faceva nemmeno lontanamente presagire quanto accaduto. Non riesco davvero a comprendere cosa sia potuto accadere».

Zlatan Vasiljevic, di 42 anni, era in Italia ormai da diversi anni. Qui aveva sposato Lidia da cui aveva avuto due figli. Prima di perdere il lavoro il 42enne faceva l’autotrasportatore. Un impiego che consentiva alla famiglia un tenore di vita buono. Poi però, negli anni, qualcosa è cambiato. E proprio per riuscire a continuare a mantenere le stesse abitudini e lo stesso standard a moglie e figli, Vasiljevic avrebbe cominciato a indebitarsi sempre più pesantemente. A quel punto sarebbero cominciati i dissidi con la moglie, sempre più frequenti e a quanto pare violenti, sino ad arrivare alle denunce, alle aule di giustizia e alla causa di separazione. 
«Per un periodo di tempo - spiega l’avvocato Neri - a Vasiljevic la signora Miljkovic era rimasta un chiodo fisso. Aveva sperato di poter ricomporre la coppia; di tornare assieme a lei. Poi però la cosa sembrava superata. Nei mesi scorsi aveva anche cominciato a frequentare un’altra persona (Gabriela Serrano ndr) con cui la storia, da quanto sapevo, si era però interrotta. Mi aveva comunque detto che della ex moglie non voleva sapere più nulla; che non gli interessava più. Che aveva altri progetti».

Il legale fatica anche a spiegarsi il possesso delle armi da parte di Vasiljevic: «Non ero assolutamente a conoscenza che detenesse delle armi da fuoco. Sapevo invece che aveva una pistola giocattolo; una scacciacani che tra l’altro gli era stata sequestrata nel corso delle indagini per i processi in cui era imputato. Tutto quello che è accaduto mi ha scioccato. Sono sconvolta. Quando ho sentito la notizia, mai avrei potuto pensare che si trattasse del mio assistito». Ma l’incredulità, per l’avvocato Neri, diventa sconcerto quando sente il nome della seconda vittima del suo ex assistito ovvero quello di Gabriela Serrano. Anche lei sua assistita; pure lei con una storia di violenze dall’ex che con fatica stava cercando di lasciarsi alle spalle. 

Matteo Bernardini

Suggerimenti