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Allarme sanità

Mancano 104 medici di base: un vicentino su cinque è senza

La situazione è critica anche nell'Ulss 8 Berica: le zone carenti sono numerose e i disagi crescono
Molti i vicentini costretti a spostarsi in un altro quartiere o comune per avere il medico di base
Molti i vicentini costretti a spostarsi in un altro quartiere o comune per avere il medico di base
Molti i vicentini costretti a spostarsi in un altro quartiere o comune per avere il medico di base
Molti i vicentini costretti a spostarsi in un altro quartiere o comune per avere il medico di base

La china resta sempre pericolosa. I medici di base continuano a mancare. Le zone carenti nel territorio dell'Ulss Berica restano 104. È cambiato poco negli ultimi mesi: tantissimi i vicentini in questo momento costretti ad emigrare, a spostarsi più o meno lontano, in altri quartieri, in altre zone, perfino in altri Comuni, per trovarne uno. All'orizzonte, almeno in tempi brevi, non appaiono soluzioni. Inutile nasconderlo. Se si moltiplica 104 per il carico di assistiti che si assegnano a ciascun medico, da un minimo di 1000 per gli specializzandi a un massimo di 1800 per gli altri più o meno veterani in servizio, si possono realisticamente toccare con mano le difficoltà di migliaia di vicentini privi di un camice bianco di riferimento, di uno studio professionale vicino a casa: uno su cinque.

L'emergenza

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L'assessore Manuela Lanzarin non nasconde quella che è diventata una costante emergenza, comune a tutta l'Italia, ed acuita ulteriormente dalla pandemia, anche se in lontananza vede qualche squarcio di sereno. «Secondo i nostri calcoli il saldo fra i medici che andranno in pensione nei prossimi 3 anni e gli specializzandi dei corsi di perfezionamento che termineranno nell'aprile 2025 dovrebbe essere positivo. Sono 462 i medici che dovrebbero lasciare allo scadere dei 70 anni di età ma nello stesso periodo i corsi di formazione triennali ne diplomeranno 589. È chiaro che oggi in questo settore si sta vivendo una rivoluzione: tanti vanno in pensione, tanti scelgono di non fare più il medico di base, altri lasciano a metà il percorso formativo e scelgono un'altra specializzazione, altri ancora preferiscono fare i gettonisti. Noi, comunque, come Regione, stiamo investendo per la formazione che si farà nel 2023». I rimedi già messi in atto sono noti, e l'assessore li ribadisce. «C'è la possibilità per gli specializzandi affiancati da tutor di avere fino a 1000 assistiti con un incarico temporaneo che, poi, alla fine del corso, diventerà automaticamente a tempo indeterminato, e questo sta dando già risposte concrete nei territori privi di medici. Abbiamo ampliato su base volontaria fino a 1800 il numero dei pazienti in carico dando anche un compenso in più per l'assistente di studio. Stiamo poi lavorando molto sul modello organizzativo: le reti, le unioni, lo snellimento di tutti quei compiti amministrativi e burocratici che secondo i medici pesano molto».

Le zone carenti, però, sono molte

I disagi crescono: «Bisogna anche spiegarsi bene - dice la Lanzarin - su cosa si intende per zone carenti, che non necessariamente corrispondono del tutto a cittadini senza assistenza. Con gli interventi già fatti stimiamo che circa il 70% delle persone in zona carente abbiano comunque assistenza, mentre per l'altro 30% l'attesa è da pochi giorni a poche settimane. In futuro ci sarà poi da valutare il discorso del dm 77 e delle case di comunità. Occorrerà vedere come si distribuiranno i medici in base alle case hub e spoke per garantire le presenze dappertutto anche nelle aree di periferia e più isolate».

Soffrono anche gli ospedali

«Le borse di specializzazione - spiega l'assessore - sono aumentate da 6 mila a 17 mila, e, probabilmente, fra 3 anni, le cose miglioreranno, si potrà respirare. Oggi, però, è indispensabile una serie di interventi in deroga e d'urgenza con gli specializzandi, il decreto Calabria. Le maggiori criticità nel Veneto si avvertono nei reparti di pronto soccorso, anestesia e rianimazione, pediatria, ortopedia. È un periodo caratterizzato da grandi dimissioni. I medici se ne vanno dalla sanità pubblica senza neppure essere arrivati all'età del pensionamento. Le cause? Qualità di vita venuta meno, retribuzione considerata insoddisfacente, carichi di lavoro, aspetto psicologico, burn-out».

Franco Pepe

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