<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Il presidente dell’Ordine

Dallo stress alle minacce. La grande fuga dei medici di base: «Nessuno vuole più farlo»

La situazione è critica: un medico su 4 non ha più tempo per sé e la famiglia e molte dottoresse sono costrette a lavorare fino all’8° mese di gravidanza.
Il disagio dei medici di medicina generale è profondo. Le violenze degli ultimi giorni sono la classica goccia che fa traboccare un vaso
Il disagio dei medici di medicina generale è profondo. Le violenze degli ultimi giorni sono la classica goccia che fa traboccare un vaso
Il disagio dei medici di medicina generale è profondo. Le violenze degli ultimi giorni sono la classica goccia che fa traboccare un vaso
Il disagio dei medici di medicina generale è profondo. Le violenze degli ultimi giorni sono la classica goccia che fa traboccare un vaso

Tre medici su quattro del territorio riferiscono che dopo la pandemia l’attività è cresciuta in misura abnorme perché sono aumentate enormemente le incombenze burocratiche a scapito del lavoro clinico e della relazione con il paziente. Nove medici di base su dieci affermano di essere sotto stress, e uno su dieci aggiunge di avere conseguenze sulla salute a causa del burnout. Il 25%, uno su quattro, dice di non trovare più tempo per la vita privata, per la famiglia, per i figli.

Ma la cosa appare ancora più grave se si pensa che i giovani medici sotto i 25 anni sono soprattutto donne, e che già adesso molte di loro non trovando sostituti sono costrette a lavorare fino all’ottavo mese di gestazione e poi a portare il bambino da allattare in ambulatorio. Inoltre, il 55% risponde di non riuscire a fare le ferie o di doverle ridurre, e il 59% confessa di non avere più fiducia nella Regione, nelle Ulss, nei sindacati. 

Leggi anche
Mancano 104 medici di base: un vicentino su cinque è senza

Il questionario

Dati eloquenti. E il presidente dell’Ordine Michele Valente se ne fa portavoce. «Sono a livello veneto ma Vicenza non si differenzia, e presto lanceremo un questionario fra i nostri iscritti per avere una fotografia ancora più precisa della nostra realtà». Il disagio dei medici di medicina generale è profondo. Le violenze degli ultimi giorni sono la classica goccia che fa traboccare un vaso ormai saturo per mettere a nudo con crudezza il grave malessere della categoria ormai vicina a un punto di non ritorno.

Malcontento e disillusione sono le facce di una stessa medaglia, la chiave di interpretazione di un fenomeno che ormai dilaga, di cui la mancanza di medici di base e le cento e più zone carenti sono uno dei sintomi più pesanti di un sistema sanitario ormai malato, e che solo Valente ha il coraggio di denunciare da anni avendo come risposta dalle istituzioni un colpevole silenzio. 

Leggi anche
Medici di base, c'è il patto anti-attese: meno ricette, più visite

Lo specchio

I numeri e le percentuali che porta sono lo specchio di una deriva organizzativa che promette in futuro conseguenze drammatiche. «Il 33% dei medici dice che, se potesse, andrebbe in pensione subito, ma a far riflettere è il fatto che il 56% di questa quota, oltre la metà, ha meno di 45 anni. E questo significa una cosa sola, che la professione del medico di base ha perso ogni attrattività. Nessuno vuole più farlo. Presto non ce ne saranno più. E senza di loro il sistema crolla. È amaro, ma è così”.

La prima conseguenza è la fuga di medici. Anche qui l’elenco di Valente è lungo: «La dottoressa che ha trovato il bossolo nella cassetta della posta è ancora sotto shock e ha già detto che, completati i mesi dell’incarico, non farà più il medico di medicina generale. Un’altra ha subìto molestie. Altri medici di base che hanno seguito un master sulle cure palliative si dedicheranno solo ai malati terminali nelle case dei pazienti. Gli episodi si susseguono anche se poi i medici spesso non denunciano. E c’è chi se ne va. L’ultima in ordine di tempo è una dottoressa di Bassano che si è trasferita in Inghilterra. Del resto, dal 2019 al 2021, sono emigrati dall’Italia oltre 21 mila medici e quasi 18 mila infermieri, molti anche dal Vicentino, e, dal 2000 al 2018, se ne sono andati, fra gli uni e gli altri, circa 140 mila professionisti che avrebbero fatto comodo al nostro Servizio sanitario». 

Le richieste

Da qui la nuova mobilitazione dell’Ordine e la richiesta di un tavolo comune con Regione e Ulss per trovare per il Vicentino soluzioni specifiche, rapide, non scritte sull’acqua. «Bisogna parlare alla gente, dire come stanno realmente le cose – spiega il presidente -. Non tocca al medico di base metterci la faccia e prendere anche le botte. Basta con questo mito del Veneto regione più virtuosa d’Italia e motore della sanità. Le criticità ci sono, e allora non nascondiamoci dietro un dito, non raccontiamo più false verità, diciamo quali sono i problemi reali».

Valente sollecita un cambiamento di rotta: «Bisogna iniziare a dare alla gente una comunicazione trasparente. Se un’ecografia urgente non si può fare in 10 giorni ma occorre aspettare un mese qualcuno dovrà farlo sapere, non mandare tramite il Cup il paziente di nuovo dal medico per far cambiare la priorità. Il medico è chiamato a dare un giudizio clinico, non ha nulla a che fare con la disponibilità della prestazione. Questa è una delle tante cose che accadono ed esasperano». 

 

Suggerimenti