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La vertenza

Reati societari a Zanzibar: scagionati i due imputati

Davanti all'Alta Corte cadute tutte le accuse penali nei confronti di Francesca Scalfari e Simon Woo. La controparte bassanese, Giovanni Viale e Isabella Ferro, ribadisce la volontà di procedere in sede civile per rientrare dell'investimento fatto nell'isola.
A Zanzibar dopo l'udienza Wood, l'avv. Mmad, l'avv. Castegnaro, il console Todisco e Scalfari
A Zanzibar dopo l'udienza Wood, l'avv. Mmad, l'avv. Castegnaro, il console Todisco e Scalfari
A Zanzibar dopo l'udienza Wood, l'avv. Mmad, l'avv. Castegnaro, il console Todisco e Scalfari
A Zanzibar dopo l'udienza Wood, l'avv. Mmad, l'avv. Castegnaro, il console Todisco e Scalfari

Si è chiusa ieri, martedì 1 novembre, con l'archiviazione da parte dell'Alta Corte di Zanzibar, nel capoluogo Stone Town, la vicenda penale che vedeva sul banco degli imputati per ipotesi di reato relative a operazioni societarie i coniugi Francesca Scalfari, padovana, e Simon Wood, britannico. «Tutte le accuse sono cadute - ha fatto sapere la legale della coppia, l'avvocato Manuela Castegnaro - e nella sua pronuncia, il giudice ha anche disposto che il caso, ormai chiuso, non possa essere riaperto. Se ci saranno altre vertenze, proseguiranno in sede civile o commerciale, ma il capitolo penale è da considerarsi concluso».

La querelle giudiziaria

Fine di un incubo, quindi, che ha avuto l'apice nelle due settimane di detenzione trascorse da marito e moglie nella tarda primavera nelle carceri zanzibarine. I due coniugi, già scagionati in giugno dall'accusa di riciclaggio e per questo da allora rimessi in libertà, sono legati a Bassano in quanto parte in una causa civile per un presunto credito reclamato dai coniugi bassanesi Giovanni Viale e Isabella Ferro. Questi ultimi, noti e nel comprensorio per il loro impegno nel volontariato e nella cooperazione, negli anni scorsi avevano investito parte delle loro somme, in società con la coppia anglo-italiana, in un resort, lo "Sharazad Boutique Hotel", a Zanzibar.

In seguito, i coniugi Viale-Ferro, avrebbero proposto una trattativa per la cessione delle proprie quote dell'albergo ricevendo in risposta una causa civile. Causa, chiusa con una sentenza che attribuiva la proprietà dello Sharazad Hotel a Francesca Scalfari e Simon Wood, previo versamento di 600 mila euro. Una somma che la controparte bassanese asseriva di non aver mai visto. Sul fronte opposto, la coppia italo-inglese affermava di aver onorato tutti gli impegni, ma della questione si era voluta interessare anche la giustizia penale zanzibarina aprendo nella tarda primavera un fascicolo a carico di Wood e Scalfari per tredici capi d'imputazione che andavano dalla gestione irregolare delle quote societarie al più grave riciclaggio. In relazione a quest'ultima accusa, a giugno era arrivata una prima pronuncia assolutoria.

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Il magistrato ha deciso per l'archiviazione

Ieri la decisione definitiva. Decisione che l'avvocato Castegnaro ha definito «un'ottima notizia», corroborata da un provvedimento aggiuntivo in base al quale la coppia italo-inglese non potrà in futuro essere indagata per le medesime fattispecie di reato, in relazione allo Sharazad Hotel. Dopo che i difensori dei due coniugi imputati avevano chiesto una pronuncia assolutoria, il pubblico ministero aveva replicato chiedendo al giudice un rinvio per poter produrre una propria memoria. Il rinvio non è stato concesso e, sulla base della documentazione prodotta, il magistrato ha deciso per l'archiviazione.

La coppia bassanese procederà in sede civile

Se la vicenda avrà un seguito, questo sarà nelle aule civili anche perché già nei mesi scorsi, Giovanni Viale e Isabella Ferro avevano auspicato la scarcerazione della loro controparte. Allo stesso tempo, però, i coniugi bassanesi avevano precisato tramite i propri legali che la loro posizione non sarebbe cambiata e che avrebbero cercato una soluzione in merito alla proprietà del resort. «O lo acquistiamo tutto noi, o lo acquistano tutto loro - avevano detto -, ma ci sembra più che legittimo rientrare dell'investimento fatto, che supera il milione di euro». 

Lorenzo Parolin

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