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Vicenza

Anoressia già a 10 anni dopo i traumi del Covid. Ed è allarme nuovi casi

In un anno 230 nuovi casi al san Bortolo, il 70% minorenni. «Pesa la pandemia ma i fattori del disagio dei giovani sono tanti, a partire dai social».
Anoressia e bulimia: il trend è in crescita dal 2018 ma la pandemia e i social hanno aumentato il disagio dei giovani
Anoressia e bulimia: il trend è in crescita dal 2018 ma la pandemia e i social hanno aumentato il disagio dei giovani
Anoressia e bulimia: il trend è in crescita dal 2018 ma la pandemia e i social hanno aumentato il disagio dei giovani
Anoressia e bulimia: il trend è in crescita dal 2018 ma la pandemia e i social hanno aumentato il disagio dei giovani

È un allarme reale. Al centro provinciale per i Disturbi del comportamento alimentare dell’ospedale San Bortolo, uno dei più qualificati del Veneto, arrivano ragazze ormai ai limiti, sempre più piccole, anzi piccolissime, poco più che bambine. Nel 2022 i nuovi casi sono stati 230, dei quali la cosa più impressionante - dice la responsabile del centro Alessandra Sala - ben 58, il 25 per cento, di età fra i 10 a 14 anni, mentre il maggior numero, 100, la metà, è appena più grande, fra i 15 e 18 anni. Ce ne sono poi 46 nella fascia da 19 a 30 anni e 26 oltre i 30 anni. Il 70 per cento dei nuovi casi riguarda quindi minorenni, con un carico di lavoro enorme in termini di prime visite e assistenza. 

I dati del centro Disturbi del comportamento alimentare

Gli altri dati danno il quadro di una marea che continua ad innalzarsi. Le richieste di aiuto crescono da tutto il Vicentino. Questo convulso trend, già esploso a iniziare dal 2018, non si arresta e ora il fenomeno sta assumendo tinte drammatiche. Nel 2022 il centro Dca di Vicenza ha seguito 500 ragazze. Le pazienti ricoverate nel day hospital diurno, quelle che sotto lo sguardo attento e la guida delle dietiste fanno pranzo e cena in una sala del centro, sono state 161 per 2.637 giornate. L’occupazione è praticamente totale. Inoltre, 16 ragazze dai 12 ai 14 anni, 19 dai 15 ai 18 anni, 18 nel range 19-29 anni, sono state ricoverate per una riabilitazione durata fino a quattro mesi. E i casi più gravi, queste bambine fragili e tenere che per sopravvivere devono essere nutrite con il sondino gastrico e che si muovono con passo incerto con la flebo attaccata al braccio, gestiti in ospedale in sinergia con alcuni reparti, in primis la pediatria (che ha 2 posti-letto dedicati sempre pieni), la medicina, i servizi psichiatrici. Oggi le ragazze ricoverate sono 7. E, quando c’è bisogno, ci si appoggia anche alla pediatria di Arzignano. 

A colpire di più è l’anoressia

Ne soffre il 55 per cento delle nuove pazienti. Negli ambulatori del centro, nel secondo semestre dello scorso anno, ne sono passate 183. «Il numero sale - spiega la dottoressa Sala - perché in questi anni è cresciuto il disagio psico-fisico dei giovani. Il Covid è stato un elemento traumatico, ma i fattori di rischio sono pure altri, e a cadere sono i soggetti più vulnerabili». Una forte spinta viene dall’ambiente circostante. I social giocano un ruolo tossico fino alla dipendenza, rendendo difficile il distacco anche se si elimina il profilo. Ma c’è anche una maggiore conoscenza del problema. C’è più consapevolezza. «Una volta - dice - venivano i genitori a parlarci dei figli. Ora vengono le ragazze da sole. Qualche volta la segnalazione arriva dagli insegnanti che interagiscono con le famiglie». 

Anoressia e bulimia

Sono due i mostri invisibili, cinici, perfidi che catturano con i loro tentacoli vischiosi. Anoressia e bulimia fanno sempre più vittime. La prima insinua il fascino sinistro della magrezza, la dieta sfrenata come ossessione, la non assunzione di cibo come modello distorto dell’immagine di sé. La seconda esalta gli eccessi, le abbuffate compulsive. Possono essere grida di dolore non ascoltate, richieste di attenzione, ma soprattutto sono la spia di un disagio. I disturbi alimentari sono l’emersione di ansie, incertezze, difficoltà improvvisamente divampate che scavano la psiche sull’onda perversa di totem effimeri.

La responsabile del centro di Vicenza

«Per uscirne definitivamente secondo la letteratura scientifica in media ci vogliono 3-4 anni - spiega Sala -. Noi abbiamo percorsi più brevi, ma nei casi più gravi fra day hospital e ambulatorio un trattamento non dura mai meno di un anno anche se cerchiamo, compatibilmente con le singole situazioni, di accelerare al massimo perché le richieste, come detto, crescono». Per una prima visita si possono aspettare anche due mesi, anche se i casi urgenti hanno la precedenza assoluta. Il day hospital in questo momento è full. Non è possibile far entrare nessuno. 

Gli altri centri riabilitativi

La criticità più pesante è, però, un’altra. Fuori, nei centri riabilitativi, nella Casa delle farfalle di Portogruaro, nel reparto Dca di villa Margherita ad Arcugnano, a villa Garda, non si trovano posti perché anche qui la domanda è altissima: non ricoverano sotto i 13 anni, si è creato un imbuto pericoloso e si aspettano 5-6 mesi se tutto va bene. L’Sos sta diventando frenetico. 

 

Franco Pepe

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