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Intervista allo chef del Papa Emerito

Sergio Dussin: «Ratzinger, un grande uomo con gusti semplici. L'ho visto provato»

Il ristoratore bassanese è stato il cuoco di fiducia di papa Ratzinger per gli appuntamenti ufficiali. E anche dopo le dimissioni da pontefice ha continuato a frequentarlo.
Il Papa Emerito assieme al ristoratore Sergio Dussin
Il Papa Emerito assieme al ristoratore Sergio Dussin
Il Papa Emerito assieme al ristoratore Sergio Dussin
Il Papa Emerito assieme al ristoratore Sergio Dussin

«Un grande pontefice e un grande uomo. Allo stesso tempo profondo nel pensiero e umile nel senso migliore del termine, oltre che capace di gesti d'attenzione che ti facevano sentire davvero importante». È commosso, il 65enne ristoratore bassanese Sergio Dussin nel ricordare Joseph Ratzinger, il papa emerito Benedetto XVI scomparso due giorni fa.

Dussin è stato lo chef di fiducia di papa Ratzinger per decine di appuntamenti ufficiali e anche dopo le dimissioni da pontefice ha continuato a frequentarlo. Il nome di Benedetto XVI evoca per Dussin anche quella dell'appassionato di musica che amava sedersi al pianoforte o del commensale che aveva imparato ad apprezzare gli asparagi bianchi che arrivavano in Vaticano dal ristorante a Romano d'Ezzelino, dell'amico Sergio.

 

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Che ruolo ha avuto papa Ratzinger nel suo percorso professionale?

Ho iniziato nel 2002, collaborando con Giovanni Paolo II fino al 2005, ma è stato Benedetto XVI a darmi piena fiducia. In sostanza, carta bianca per qualunque tipo di incontro, si trattasse di pranzi con decine di diplomatici, o incontri più ristretti tra religiosi. Non potrò mai ringraziarlo abbastanza, per questo.

Che commensale era Joseph Ratzinger?

Era una persona di gusti semplici e trattava tutti con grande rispetto. Gli piacevano le carni bianche, di regola non beveva vino e chiedeva per il personale le stesse attenzioni riservate a lui. Alla fine del pranzo passava a salutare tutti e impartiva una benedizione.

Si concedeva qualche piccola golosità?

Aveva imparato ad apprezzare i nostri asparagi di Bassano e amava i dolci della tradizione austro-bavarese. Probabilmente perché gli ricordavano l'infanzia e la famiglia.

Quando la chiamava in Vaticano, lo serviva lei personalmente?

Certo, di persona. A un servizio a tavola è legato anche uno dei miei ricordi più intensi.

Quale?

Chiesi, a lui che era nella sostanza astemio, se potessi versargli del vino dei Colli Euganei. Mi rispose, "Certo Sergio, grazie" chiamandomi per nome. Capii grazie a quel gesto semplice che in quel momento si andava al di là del rapporto professionale e che era stata sancita un'amicizia.

Dell'ultimo periodo ha qualche ricordo?

Ce ne sono due: uno primaverile, uno autunnale.Cos'è accaduto in primavera? In maggio ero a Roma per uno dei servizi consueti e papa Benedetto, sapendo della mia presenza, mi ha mandato a chiamare. L'ho visto molto provato e in difficoltà a parlare, ma è riuscito comunque a comunicare con me e, alla fine dell'incontro, mi ha ringraziato benedicendomi. Di fronte a lui e alle sue fatiche mi sono commosso. E in autunno? In novembre l'ho visto per l'ultima volta. Dico "visto" e non "salutato" perché non siamo riusciti a parlarci. Lì ho intuito, tuttavia, che il suo percorso si avvicinava alla fine e ho voluto pregare per lui. Non a caso, se n'è andato in un giorno simbolico come l'ultimo dell'anno, di solito dedicato alle feste sfrenate. Questa volta, però, papa Benedetto ci ha spinti a pensare a qualcos'altro di più profondo di luci e botti di Capodanno. Andrà a Roma alle esequie? Andrò a rendergli omaggio domani. Per la partecipazione alla cerimonia funebre ci sono regole rigide e posti assegnati. Lo ricorderò a casa, a Romano, in raccoglimento. Per come l'ho conosciuto, credo che anche lui, potendolo, avrebbe scelto la sobrietà. . © RIPRODUZIONE RISERVATA

Lorenzo Parolin

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