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La malattia

Che cos'è la leucemia fulminante, il male che ha ucciso Michele Merlo

Il dolore degli amici di Michele Merlo all'esterno dell'ospedale Maggiore di Bologna (foto Ansa/Max Cavallari)
Il dolore degli amici di Michele Merlo all'esterno dell'ospedale Maggiore di Bologna (foto Ansa/Max Cavallari)
Il dolore degli amici di Michele Merlo all'esterno dell'ospedale Maggiore di Bologna (foto Ansa/Max Cavallari)
Il dolore degli amici di Michele Merlo all'esterno dell'ospedale Maggiore di Bologna (foto Ansa/Max Cavallari)

Tumore del sangue che colpisce i globuli bianchi, la leucemia mieloide acuta è uno dei 4 diversi tipi di leucemie esistenti, si sviluppa a partire dal midollo osseo e progredisce velocemente. In particolare, quella che ha colpito il cantautore Michele Merlo è un sottotipo, la leucemia promielocitica acuta, che rappresenta la forma più aggressiva e viene anche detta fulminante, proprio per la velocità con cui può essere fatale. Se non diagnosticata in tempo utile può causare il decesso di un paziente in pochi giorni a causa delle emorragie che provoca, ma se diagnosticata per tempo può essere curabile.

 

Ogni anno in Italia si stima che vengano diagnosticati poco più di 2.000 nuovi casi di leucemia mieloide acuta, soprattutto negli uomini con più di 60 anni. Quella che ha colpito il giovane 28enne però, la promielocitica, rappresenta il 10-15% di questi casi (ovvero circa 150 casi l’anno in Italia) e interessa principalmente i giovani, con un’età media di 31 anni. Alla base vi sono delle caratteristiche genetiche acquisite, ovvero non presenti dalla nascita, tra i cromosomi 15 e 17. Quando questo si verifica le cellule immature e maligne che ne derivano vanno rapidamente a sopprimere e sostituire quelle sane presenti nel midollo osseo, dando così vita a una progressione rapida e fatale.

 

«L’esordio della malattia - si legge sul sito della Fondazione Veronesi - è improvviso e, in alcuni casi, può essere caratterizzato dalla comparsa di una grave sintomatologia emorragica dovuta alla presenza di un ridotto numero di piastrine e all’alterazione dei meccanismi della coagulazione». A fare la differenza è la possibilità di una corretta diagnosi in poche ore. I campanelli che dovrebbero destare allarme sono il sanguinamento, in particolare da entrambe le narici, ma anche dalle gengive, l’apparato digerente, l’urinario. Ma possono anche verificarsi, come accaduto nel caso di Michele, a livello cerebrale. «Stanchezza e malessere generale - ricorda la Fondazione Veronesi - sono quasi sempre presenti nei pazienti colpiti dalla malattia. Il suggerimento, in questi casi, è di rivolgersi sempre a una struttura dotata di un reparto di ematologia, dove una corretta diagnosi - grazie alla disponibilità di strumenti in grado di amplificare il Dna - può avvenire in meno di mezz’ora e senza troppi margini d’errore».

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