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Sparatoria in questura
L'ultimo saluto
a Pierluigi e Matteo

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I funerali a Trieste
I funerali a Trieste
I funerali a Trieste
I funerali a Trieste

TRIESTE. Sono uscite dalla chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo in mezzo al picchetto d’onore le bare con i corpi di Matteo Demenego e Pierluigi Rotta portati a spalla dai colleghi della squadra volanti e accolti da un lungo applauso da parte delle migliaia di persone presenti. I feretri vengono caricati sui due carri funebre e sono in attesa di partire alla volta dell’aeroporto di Ronchi dei Legionari da dove a bordo di un C130 dell’esercito saranno portati a Ciampino. Sull’aereo oltre ai familiari come da programma ci saranno il capo della polizia Franco Gabrielli, il questore di Trieste Giuseppe Petronzi, il prefetto di Roma Gerarda Pantalone. Domani è previsto a Velletri (Roma) il funerale di Demengo e venerdì a Giugliano (Napoli) quello di Rotta, in forma privata.

«Con questa santa Messa funebre, Trieste vi offre il suo ultimo e affettuoso saluto, mentre resta fisso nella memoria di tutti il 4 di ottobre, festa di san Francesco, Patrono d’Italia, quando una follia omicida, spropositata e crudele, ha privato le vostre giovani vite di un futuro pieno di propositi e progetti. A rendervi onore ci sono oggi alcune tra le massime Autorità dello Stato, della Regione, del Comune che sono qui per darvi il giusto e doveroso riconoscimento per il servizio che avete reso alla Patria con il sacrificio della vostra vita». È rivolgendosi a Pierluigi e Matteo, i due agenti uccisi, che l’arcivescovo, mons. Giampaolo Crepaldi, ha aperto l’omelia durante la messa per i funerali. «Dopo quel tragico pomeriggio - ricorda il presule - la città di Trieste, unita e composta in maniera esemplare, ha allargato le sue braccia, stringendovi in un abbraccio corale, forte e commosso. Un abbraccio che si è allargato ai vostri genitori e
familiari, colpiti dal desolante vuoto della vostra scomparsa». Un abbraccio, ha detto, che ha coinvolto il corpo di Polizia e le altre forze dell’ordine, «un abbraccio reso ricco da una concorde riconoscenza per il loro difficile lavoro, non sempre adeguatamente compreso e valorizzato». «Con questo abbraccio - ha sottolineato Crepaldi - Trieste ha voluto dire a se stessa e agli altri che il suo presente e il suo futuro devono essere nel segno della pace civile, del
rispetto reciproco e di una concordia operosa e feconda di bene».

 

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