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Schio

Il sogno di Abu
è finito, rispedito
in Bangladesh

Una via del quartiere di Dacca dove abita Abu
Una via del quartiere di Dacca dove abita Abu
Una via del quartiere di Dacca dove abita Abu
Una via del quartiere di Dacca dove abita Abu

La storia di Abu, purtroppo, è finita nel modo che nessuno avrebbe voluto. Abu è il nome di fantasia con cui questo Giornale aveva ribattezzato (per tutelare l’identità del minore) il bambino bengalese di 12 anni residente a Schio che amava la scuola e voleva laurearsi in Italia per regalare una vita migliore a sua mamma, ma che per una dolorosa vicenda familiare aveva dovuto tornare nel suo poverissimo paese d’origine. A sorpresa, però, un imprenditore di Torrebelvicino, Andrea Fioravanti della “Pfm”, l’aveva riportato in Italia per consentirgli di coronare il suo sogno. La storia che aveva commosso i vicentini sembrava arrivata al lieto fine. Invece ora si apprende che il piccolo Abu è ritornato in Bangladesh. Stavolta definitivamente.

LA FAMIGLIA. La notizia sul destino di Abu arriva tramite alcuni amici della sua famiglia, anche loro bengalesi, con un figlio della sua stessa età che frequenta anche lui la scuola a Schio. All’origine di questa dolorosa vicenda c’è il tentato omicidio della madre di Abu da parte di suo padre. In seguito il genitore era stato incarcerato, mentre sua madre, pur fortemente legata al bambino, aveva dovuto trasferirsi. Abu era stato affidato agli zii, residenti a Schio, che l’avevano accolto in casa loro e ottenendone l’affidamento legale. Abu aveva affrontato tutto con grande forza, riversando ancor più determinazione nello studio, sorprendendo le sue maestre con risultati ottimi.

L’OSTACOLO. Il suo sogno era di diventare avvocato, trovare un buon lavoro, aiutare la mamma. L’estate scorsa però lo zio ha ricevuto un’offerta di lavoro in Inghilterra, a Londra, e ha deciso di trasferirsi là con tutta la famiglia. Ma per l’espatrio di Abu la legge richiedeva il consenso dei genitori. La madre di aveva accettato per il bene di suo figlio. Il padre invece, ancora detenuto, aveva detto no. Lo zio però aveva già preso impegni a londra e l’unica alternativa era stata quella di mandare il bambino in Bangladesh dalla nonna, in un sobborgo della capitale Dacca. Ciò era già avvenuto quando Fioravanti, già datore di lavoro del padre e dello zio. ha pagato per il suo ritorno in Italia con l’intento di facilitare la mediazione che gli consentisse di studiare in Europa.

L’EPILOGO. Riportato Abu in Italia, sembrava che la questione si fosse risolta e che, pur dovendo abbandonare Schio e i compagni di scuola, avrebbe potuto seguire gli zii in Inghilterra. Invece ora si apprende che non è così. «Mi dispiace. Ma non si poteva fare di più» afferma Fioravanti, che ha sempre trattato la questione con la massima riservatezza. La famiglia ha preso la sua decisione e nessuno poteva impedirglielo. Prima dell’inizio della scuola gli zii sono partiti per l’Inghilterra. Lui invece è stato riportato in Bangladesh e da allora di lui non si sa nulla. L’unico contatto lasciato ai suoi amici è un indirizzo di posta del quartiere di Mirpur, a Dacca. Ma un pacco inviato a quel recapito, nella speranza di ricevere sue notizie, è stato rimandato al mittente.

Elia Cucovaz

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