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VICENZA

Gare di softair e sbandati nell’ex polo psichiatrico

A Laghetto il maxi complesso Ulss è abbandonato da 50 anni e non si trova soluzione. Ragazzi, ma anche balordi, ne approfittano
A sinistra la foto immortala un giovane appostato con un fucile sul tetto di uno degli edifici. A destra l'abbandono dell'area ARMENI
A sinistra la foto immortala un giovane appostato con un fucile sul tetto di uno degli edifici. A destra l'abbandono dell'area ARMENI
A sinistra la foto immortala un giovane appostato con un fucile sul tetto di uno degli edifici. A destra l'abbandono dell'area ARMENI
A sinistra la foto immortala un giovane appostato con un fucile sul tetto di uno degli edifici. A destra l'abbandono dell'area ARMENI

“Benvenuti all’inferno”, ha impresso una bomboletta nera sul muro. In mezzo ai calcinacci, sotto alle lastre di un tetto che minaccia pericolosamente di crollare, giace la testa - mozzata e inquietante - di una bambola. Tutt’attorno, laterizi, detriti, immondizia di ogni genere. E poi, ad osservare bene tra mattoni, terra, rovi e cemento, una distesa di pallini di plastica. Di quelli utilizzati per fucili e pistole da softair. 

Più che “benvenuti all’inferno”, benvenuti all’ex polo psichiatrico di Laghetto.

Un luogo dell’abbandono incastrato tra la strada Marosticana e le campagne silenziose che conducono all’unica struttura in funzione, quella della cooperativa Il Nuovo Ponte. In mezzo, da oltre cinquant’anni, “riposano” almeno sedici casermoni incompiuti, che dovevano dare vita ad un maxi complesso dell’Ulss per la cura delle patologie mentali. 

Una - anzi tante - cattedrali nel deserto, cominciate nel 1973 e mai terminate perché bloccate dalla legge Basaglia del 1978. Di questo gigantesco insediamento ospedaliero (costato, all’epoca, due miliardi di lire), oggi resta un cimitero di scarti edilizi ricoperto da graffiti di ogni tipo.

Un vero paradiso, per appassionati di parkour e softair

E proprio uno di questi “soldati” per hobby è stato immortalato domenica mattina in piedi - fucile imbracciato - sul tetto di uno degli edifici. Un comportamento vietato trattandosi di area privata, oltre che pericoloso. Come detto, la copertura perde pezzi in diversi punti e ovunque sulla recinzione che cinge l’intero perimetro sono affissi cartelli di “pericolo crollo” e di “zona videosorvegliata”.

Ma oltre ad alcuni fabbricati non chiusi e in cui è facile accedere, anche quelli protetti dalla rete sono agevolmente raggiungibili tramite varchi aperti ad hoc, in mezzo all’erba e al fango. Basta fare un po’ di attenzione a dove si mettono i piedi, per trovarsi nel cuore dell’ospedale fantasma. La testa mozzata di bambola è uno degli elementi più minacciosi, ma tutto, qui, è potenzialmente rischioso.

La sensazione è che questi spazi siano vissuti molto più di quanto appaia. Ecco perché, da tempo, i residenti chiedono soluzioni. Istanze di cui, nel 2020, si era fatto portavoce anche il Comune, incontrando l’allora dirigenza dell’Ulss. In quell’occasione, dopo le ipotesi naufragate di realizzare lì la centrale del Suem, si era parlato anche della riconversione in Centrale di sterilizzazione e di eventuali ulteriori usi residenziali-aggregativi.

E oggi?

Dall’Ulss 8 Berica, per ora, nessuna novità: la direzione, con la nuova dg Patrizia Simionato, fresca di nomina, fa sapere di aver disposto approfondimenti sulla questione.

Giulia Armeni

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