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Il reportage

In viaggio con i profughi verso il Vicentino. Da Valdagno al confine ucraino per salvare tre nipoti

La frontiera che si trova tra la Romania e la Moldavia (Foto KARL ZILLIKEN)
La frontiera che si trova tra la Romania e la Moldavia (Foto KARL ZILLIKEN)
Viaggio con i profughi (Zilliken)

Il freddo entra nelle ossa. Forse solo in quelle di chi non è abituato alle temperature ucraine. Nevischia sul lato moldavo della frontiera di Lipveci e sul varco di Larga. Abbiamo incontrato l’alba in Romania, appena passata un’altra frontiera, giusto nel momento in cui l’orologio si è spostato avanti di un’ora. È tutto il giorno che la temperatura non supera un grado ma l’ingresso in Moldavia, nel tardo pomeriggio, gela un po’ di più.

 

La frontiera Sul viale romeno che porta al varco di Lipveci sventolano bandierine europee abbracciate a quelle ucraine. Bancarelle di cibo e aiuti sponsorizzati Lyca Mobile oltre a una tenda, chiusa, della Croce rossa. Poche macchine con targa ucraina. Dall’altra parte i controlli in ingresso sono minuziosi, quasi nervosi. In uscita dalla Moldavia, c’è una coda chilometrica in attesa di varcare il confine. Una bancarella sola per chi scappa dalle bombe. E questo proprio mentre Vladimir Putin tenta di fiaccare la coraggiosa resistenza del popolo ucraino e minaccia pure quello moldavo, oltre al resto d’Europa. Lo spaccato di Moldavia che da Lipveci porta a Larga, l’ingresso in Ucraina, è sconfortante e trasuda povertà. Il vialone che conduce alla sbarra è sterrato e pieno di buche. Per chi arriva a piedi dall’Ucraina c’è una squadriglia di volontari che offrono cibo, bevande calde e una preghiera. Per i tanti bambini e giovani c’è anche un furgone a bordo strada che permette di scaldare un po’ l’ambiente. Una ragazza timida abbozza «hello» ma alla successiva domanda ribatte imbarazzata in russo che non parla inglese. Ivan arriva con un sacchetto: «Sono tra i volontari che stanno portando avanti questo punto di primo soccorso - racconta - se qualcuno ha bisogno, io e la mia famiglia li ospitiamo» conclude indicando un punto indefinito nelle sterminate campagne circostanti.

Passaggio a nordest L’obiettivo di Serhei Morhun e Claudio Bernar è allo stesso tempo semplice e complicato. Raggiungere in 24 ore la frontiera di Larga per portare in salvo dieci familiari che li attendono a pochi chilometri dal confine, a Kelmenci, il paese dove Serhei è cresciuto. Sergio e Claudio sono cognati e a casa hanno lasciato le sorelle Eugenia e Zina in trepidante attesa. Alla frontiera Tanya, la terza sorella, porterà fuori dall’Ucraina tre nipoti. Loro non hanno il permesso scritto dei genitori. Lera ha entrambi i genitori militari che non possono accompagnarla. La mamma di Alessandra e Cristina, pochi giorni prima che scattasse l’attacco, è andata al funerale del padre a Donetsk ed è bloccata lì. Al sicuro, ma senza via d’uscita. Poi c’è la figlia di Zina Irina, con le nipoti Karina e Solomia, e Elena con Anastasia e Vika. Per questo la partenza è fissata alle tre di venerdì da Valdagno dove si monta sulla Chrysler Voyager a sette posti di Sergio, per poi raggiungere il van di Claudio a Cereda e poi a Thiene per raccogliere Gian Illesi che darà il cambio a Claudio. Da lì è un’unica tirata. Sergio, che prima di fare il manutentore meccanico in una conceria di Arzignano ha fatto di tutto, dal caldaista al piantatore di tabacco ma soprattutto per 14 anni il trasportatore nelle immensità sovietiche da Tashkent alla Siberia, ha una sola idea: arrivare il prima possibile: «Arriviamo a Budapest e giriamo a destra», sintetizza. Alle 20.40 Maribor è un ricordo; si entra in Ungheria poco dopo le 22 e si gira a destra poco dopo Budapest seguendo l’autostrada M3. Intorno alle 3.25, la prima indicazione in cirillico per la frontiera di Mukacheve. Non andremo lì ma proseguiremo in direzione Romania. La incontreremo poco prima delle 5 e sarà interminabile. A Piatra Kos, prima delle 8, incrociamo un furgone ucraino con delle croci di nastro adesivo rosso ai finestrini. L’obiettivo è entrare in Ucraina per portare aiuti. Tra passi di montagna con temperature che raggiungono anche i 10 gradi sotto lo zero, ci dirigiamo verso la Moldavia prima e verso Larga, poi. Loro sono già lì. Escono dal furgone riscaldato e abbracciano Sergio e Claudio. Sono stanchi e affamati, hanno con loro un cagnolino e un gatto nero a pelo lungo. Una chitarra. Poche valigie. Si parte in direzione Valdagno, per loro una vita quasi tutta nuova prima, si spera, di poter tornare sane e salve a casa. Piccolo dettaglio: per Sergio è il secondo viaggio da circa 3.200 chilometri in una settimana.

Karl Zilliken

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