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Il progetto

Baci, abbracci e gesti. Alpini, ecco il manuale che previene le molestie

L’Ana ha dato il via a una serie di iniziative per contrastare il fenomeno. Vietati anche apprezzamenti, allusioni sessuali e il “richiamo dei gatti”
L’adunata nazionale degli alpini a Rimini nel 2022 ARCHIVIO
L’adunata nazionale degli alpini a Rimini nel 2022 ARCHIVIO
L’adunata nazionale degli alpini a Rimini nel 2022 ARCHIVIO
L’adunata nazionale degli alpini a Rimini nel 2022 ARCHIVIO

Alcune precisazioni sembrerebbero pleonastiche. Certi concetti, però, è sempre meglio ribadirli. È scritto: sono sempre da considerare molestie a una donna i commenti e le battute volgari o a sfondo sessuale, indicare i genitali o mimare un atto sessuale, i palpeggiamenti e sbarrare la strada. Ma bisogna evitare anche complimenti riguardanti l’aspetto fisico (anche se si utilizzano espressioni apparentemente positive), fischiare, cercare di attirare l’attenzione di una donna suonando il clacson, applaudendo e ammiccando e pure richiamarla “con il suono riservato al gatto”. L’Associazione nazionale alpini ha presentato il “Manifesto culturale” e il “Manuale di consapevolezza #controlemolestie”. Una duplice iniziativa che ha preso spunto dalle critiche mosse alle “penne nere” da alcune associazioni transfemministe per le presunte molestie avvenute in occasione dell’adunata nazionale di Rimini dell’anno scorso. 

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Il commento

«Il nostro intento principale era quello di smontare l’equazione “alpino uguale molestatore” - spiega Massimo Cortesi, direttore de “L’Alpino” e responsabile della comunicazione web dell’Ana -. È chiaro che non basta dire: noi non molestiamo. Sappiamo bene che può anche non essere vero, nel senso che su 330 mila soci qualcuno che si comporterà male ci sarà di sicuro. Però, non può essere un problema addossato alla responsabilità dell’Associazione nazionale alpini. Ci siamo quindi resi parte attiva nel cercare di contrastare quello che è soprattutto un fenomeno culturale, un problema di tutta la società. Abbiamo collaborato con una consulente della comunicazione, Paola Miglio, che è figlia e nipote di alpini, e con donne esperte del settore come Karen Ricci e Eva Massari, per preparare questo manifesto che ha sei punti e il manuale». Cortesi prosegue: «L’abbiamo chiamato “Manuale di consapevolezza” perché è giusto che chiunque si renda conto di cosa si intende per molestia e di che cosa oggi la nostra cultura reputa lecito fare o non fare.

Leggi il decalogo degli Alpini

Lo slogan

La cosa più importante che ci preme dire è uno slogan che abbiamo creato: “Gli alpini non vogliono essere parte del problema, vogliono essere parte della soluzione”. Ovviamente, alpini intesi come associazione. Qualcuno che va in giro a fare il cretino con il cappello di alpino in testa ci sarà sempre, non possiamo garantire che non succederà più. Possiamo, però, garantire che l’associazione è impegnata in prima linea contro il fenomeno culturale delle molestie e siamo, credo, l’unica associazione maschile di queste dimensioni che ha fatto un lavoro di questo genere. Basta dire che, quando abbiamo registrato il sito del dominio controlemolestie.it, pensavamo che non fosse possibile farlo, perché pensavamo che ce ne fossero già. Invece, non ce n’era neanche uno». 

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L’iniziativa 

Prevede inoltre incontri tra i soci nelle varie sezioni e nei vari gruppi soprattutto in vista delle prossime adunate nazionali di Udine e di Vicenza (2024). Non si tratta, però, di un’ammissione di colpa per i presunti fatti di Rimini. «È sbagliato porla in questi termini, perché, se la poniamo in questo senso, alla prossima adunata succederà di nuovo perché il mondo femminile, che è molto attento a questa cosa, sarà con gli occhi puntati sulle adunate - precisa il direttore de “L’Alpino” -. Non nascondiamo che anche molti dell’associazione erano perplessi su questa iniziativa. Hanno detto: “Ma perché dobbiamo fare questo se non abbiamo fatto niente?”. È vero, nel senso che noi dell’Associazione è sicuro che non abbiamo fatto niente. Ma non possiamo chiudere gli occhi e pensare che in un’aggregazione sociale di 300-400 mila persone non ci sia qualcuno che beve e si comporta male. Il problema, però, è culturale, della società; riguarda tutti. Noi abbiamo sempre detto che si è sparato contro l’associazione per cui sembrava che a Rimini fossero scese delle orde di stupratori a caccia delle donne. In realtà, sappiamo che non è così perché lo stesso prefetto di Rimini ha detto che dal punto di vista delle forze pubbliche non è successo niente. Ma, ripeto, sono due piani completamente diversi». 
L’Ana aveva querelato chi aveva infangato il nome dell’associazione. «I procedimenti sono ancora in corso - conclude Cortesi -. Rimaniamo in attesa». 

 

Valentino Gonzato

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