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Montecchio Maggiore

Segregata in casa perché viveva troppo alla occidentale. Al marito 2 anni di prigione

L'uomo, un 41enne, obbligava la moglie a indossare lo chador e le vietava di studiare l’italiano

Ha reso un inferno la vita della moglie che voleva vivere all’occidentale. A.F. (pubblichiamo solo le iniziali per tutelare la vittima, altrimenti riconoscibile), cittadino marocchino di 41 anni, residente a Montecchio Maggiore, la segregava in casa. Inoltre, la minacciava di morte e anche la picchiava almeno una volta alla settimana, costringendola a indossare lo chador e vietandole anche di imparare l’italiano.
Per quei ripetuti maltrattamenti, avvenuti nell’arco di tempo tra il 2013 e il 2020, lo straniero è stato ora condannato a due anni di reclusione con pena sospesa.

La vicenda si è consumata tra Montecchio e Altavilla

I fatti, stando a quanto emerso, sono avvenuti tra Montecchio Maggiore e Altavilla. L’imputato, difeso dall’avvocato Letizia De Ponti, pretendeva di avere il pieno controllo sulla coniuge, pure lei cittadina marocchina, molto più giovane di lui. Il marito-padrone la rinchiudeva all’interno del loro appartamento, vietandole di intrattenere rapporti con altre persone. Inoltre, le impediva di studiare l’italiano. E poi le controllava il cellulare e cancellava i contatti che non gradiva.

La segregava e le impediva di studiare l'italiano

Le imponeva l’indumento tradizionale indossato dalle donne nei Paesi islamici che ricopre completamente il corpo a esclusione delle mani, dei piedi e del viso. Come se non bastasse tutto questo, stando a quanto emerso, la insultava dandole della «donna di strada» e la denigrava in vari modi, ripetendole spesso, ad esempio, che non era bella e che avrebbe dovuto sposare una donna più carina di lei.

Violenze verbali e fisiche

Oltre alle violenze verbali e psicologiche c’erano anche quelle fisiche. L’imputato infatti malmenava la moglie. In una circostanza le aveva sferrato un colpo in testa che le aveva provocato dei giramenti. In un’altra occasione, invece, l’aveva sbattuta contro una porta sferrando tre pugni all’infisso, danneggiandolo.

Le minacce di morte alla consorte

Infine, tra i numerosi comportamenti aggressivi e umilianti, c’erano state anche varie minacce di morte. La vittima, nonostante quanto stava accadendo, ha sopportato in silenzio per sette anni, fino all’aprile del 2020 quando, temendo per la propria vita, si era fatta coraggio arrivando al punto di riuscire a trovare la forza per chiedere aiuto. Vista la situazione che si era venuta a creare ha deciso di rivolgersi ai carabinieri, ai quali aveva raccontato il proprio incubo. La denuncia della donna aveva dunque fatto scattare le indagini, coordinate dalla procura, che avevano portato al processo.

Il processo e la condanna per maltrattamenti

L’ultima udienza del procedimento giudiziario si è tenuta l’altro giorno in tribunale a Vicenza, quando il giudice ha riconosciuto l’imputato colpevole di maltrattamenti in famiglia arrivando a chiudere questa vicenda che si trascinava da anni. 
 

Valentino Gonzato

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