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TONEZZA

La Memoria ha il nome di Marina uccisa a 2 anni ad Auschwitz

Scoperta una pietra d’inciampo per la vittima più piccola. Fu deportata dai nazisti e morì in una camera a gas. Presente anche Rosa Marion Klein, fuggita con i suoi poco prima che i tedeschi li prelevassero
La sopravvissuta Marion Klein si inchina sulla pietra e alza gli occhi al cielo CISCATO
La sopravvissuta Marion Klein si inchina sulla pietra e alza gli occhi al cielo CISCATO
La sopravvissuta Marion Klein si inchina sulla pietra e alza gli occhi al cielo CISCATO
La sopravvissuta Marion Klein si inchina sulla pietra e alza gli occhi al cielo CISCATO

I capelli eternamente ramati; un sorriso, pacato, che non rispecchia affatto i suoi quasi 90 anni; uno sguardo, intenso, che gli occhiali scuri non celano. E, poi, l’emozione dei gesti, e la commozione, quando si è inginocchiata per accarezzare dolcemente la pietra della memoria, incastonata nel porfido del cortile, proprio all’ingresso della scuola alberghiera, dell’Engim. Lei è Rosa Marion Klein Fischer, la cui famiglia, composta da papà Alexander, mamma Agnes, dalla piccola Marion e dal figlio maggiore Oscar, solo perché Agnes era incinta, sfuggì all’arresto e all’internamento degli ebrei. Ma la fuga in Svizzera, faticosissima e rischiosa, fece perdere alla madre di Marion il bimbo che aveva in grembo.

Il ritorno nell'ex colonia

La scuola è sorta nello stabile dell’ex colonia Umberto I, divenuta campo di concentramento per 45 ebrei, arrivati da Vicenza il 23 dicembre ’43. Tra loro, tanti vecchi e bambini, in parte denutriti ed ammalati, come attestò due giorni dopo il medico del paese. «Fu scelta – ha detto lo storico Antonio Spinelli, al cospetto di autorità e alunni - perché era già pronta, attrezzata, e grande, tanto da poter occupare altri 70 internati, che, però non arrivarono mai… Dopo appena 38 giorni, il 30 gennaio ’44, ecco l’ordine delle SS di portarli a Milano, dove stava partendo per Auschwitz, dal binario sotterraneo 21, il convoglio, che “doveva” essere riempito con 605 prigionieri». 

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I pochi che si salvarono

«A salvarsi fu soltanto una coppia con figlio: Friedrich Landmann, ebreo, la moglie Barbara Echl, ariana, e il figlioletto Walter. Fu proprio Barbara a dichiarare che, essendo lei ariana, la loro era una famiglia mista e, quindi, secondo le leggi del Reich, non potevano essere deportati». Un racconto, drammatico, capace di intenerire anche i cuori più duri. «Chissà cosa avranno pensato, giusto 80 anni fa – ha continuato lo storico - quando su questo cortile, oggi illuminato da uno splendido sole, stavano aspettando di essere portati via. Chissà quanta ansia, che timore, incertezza, paura».

La pietra d'inciampo

Parole rimaste sospese nell’aria, mentre veniva scoperta e benedetta la “pietra d’inciampo”: una bianca lastra, con in rilievo un mosaico di tessere, e l’acronimo Engim, per ricordare gli ebrei lì detenuti, con tre inserti dorati, a significare la luce, ma anche i Landmann che si salvarono. Di fianco, in una targa, la dedica alla piccola ebrea, Marina Eskenazi, croata, gassata a due anni e mezzo, e la citazione di Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.

Marion Klein non se la sente di raccontare

Lo ha già fatto spesso in tante scuole, quasi per una rimozione freudiana del dolore, e delega alla nipote il compito da farlo. Mentre la preside Silvia Cortiana afferma che «da oggi questo edificio è luogo di memoria», c’è ancora tempo per visitare la mostra tematica “Dalle storie alla storia”, allestita da una classe II. Prima di entrare, l’intervento di Dennis Dellai, regista del film “Oscar”, ispirato al figlio maggiore dei Klein.

«Lo considero un mattoncino aggiunto al muro della memoria», ha detto. «Il nostro film ha aperto una finestra sul dramma che era avvenuto fra Arsiero e Tonezza, e che si era dimenticato. Sono felice perché so che in tante scuole lo stanno proiettando ancora». 

Giovanni M. Filosofo

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