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Schio

Cecilia, nata al quinto mese. «È un miracolo, una guerriera»

La piccola, che abita alle Piane di Schio, pesava mezzo chilo e ha passato 227 giorni in ospedale: ha subito sei interventi. La mamma: «Ma il suo sorriso ha il sapore di un dono»
Cecilia si è rivelata subito una combattente, come la sua mamma (Foto STUDIOSTELLA CISCATO)
Cecilia si è rivelata subito una combattente, come la sua mamma (Foto STUDIOSTELLA CISCATO)
Cecilia si è rivelata subito una combattente, come la sua mamma (Foto STUDIOSTELLA CISCATO)
Cecilia si è rivelata subito una combattente, come la sua mamma (Foto STUDIOSTELLA CISCATO)

Cecilia avrebbe dovuto nascere ad agosto, in piena estate, ma lei a quanto pare preferisce la primavera e si è annunciata a fine aprile, dopo nemmeno 24 settimane di gestazione. È nata alle 13.18 del primo maggio. Pesava 505 grammi, «come un pacco di pasta», puntualizza mamma Sury. Oggi, a 10 mesi anagrafici, ne dimostra 6 e di circa 300 giorni di vita ne ha trascorsi 227 nella terapia intensiva neonatale del San Bortolo. Ha subìto sei interventi, ricevuto 21 trasfusioni, tre stomie (deviazione chirurgica dell’intestino) e fatto esperienza di intubazione e supporto di ossigeno. Ora pesa quasi 5 chili, divora il latte, ha cominciato ad assaggiare frutta e qualche pappa, ma soprattutto è a casa, alle Piane di Schio, dove è arrivata il giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre, con mamma Suranghi Emanuela Reghelin, papà Davide Bolcato e la sorella Beatrice. «Era un desiderio nei nostri cuori, oggi è un miracolo nelle nostre braccia». Soprattutto una guerriera, che ha imparato a combattere a pochi giorni di vita. Ma prendendola in braccio e vedendo i suoi sorrisi, mamma Sury vuole parlare di speranza, e anche se quei giorni difficili rimarranno per sempre impressi nei suoi ricordi, è oltre quelli che ama guardare, perché Cecilia possa essere un esempio per altre mamme che si trovano nella sua stessa situazione.

Schio, la storia di Cecilia nata al quinto mese (CISCATO/DUSO)

Il racconto di mamma Sury

Sury racconta con lucidità tutto quello che le è successo da quel 29 aprile, quando Cecilia ha bussato alla vita: il suo malessere, la corsa all’ospedale, la doccia fredda quando la pediatra di turno le ha mostrato il foglio con le percentuali di sopravvivenza dicendo che nel suo caso non andavano oltre il 20. «La grazia di un elefante in un negozio di cristalli», sbotta. «Meglio che non dica niente, sennò mi parte l’istinto omicida». Poi dà un bacio a Cecilia prima di dire «eccolo qua il 20%». Alle spalle si fa ammiccante l’immagine in foto della bisnonna che ha dato il nome alla piccola. Ricorda il trasferimento da Santorso a Vicenza quando la situazione si è complicata. Nel giorno in cui l’Italia che lavora si ferma, lei ha fatto fare gli straordinari al personale di ostetricia prima e della Tin poi. Di prima mattina, poco dopo aver sentito battere attraverso l’ecografia il cuoricino di Cecilia, si sono rotte le acque: «In cinque minuti ho visto lo tsunami intorno a me».

La grande paura e il miracolo

Cecilia nasce, ma lei la vedrà il giorno dopo. E al quinto giorno la paura più grande, perché la bimba ha un arresto cardiaco e finisce in sala operatoria. «Pochi attimi, ma sono bastati per far morire alcune cellule e potrebbero esserci ripercussioni sulla sua attività motoria, ma lo vedremo più avanti, durante lo sviluppo». Cecilia è una combattente. Anche generosa perché il giorno della festa della mamma ha in serbo un dono per lei e apre per la prima volta gli occhi.

Nel frattempo Sury ha sviluppato una grande complicità con le altre mamme: «Siamo diventate amiche, ci sentiamo tutti i giorni, per supportarci e confortarci». E un’immensa gratitudine per tutto il reparto guidato dalla dottoressa Vedovato: «La mia seconda famiglia». È consapevole che la aspetta un futuro in salita: «Abbiamo un percorso lungo pieno di follow up». Ma quell’esserino tutta forza è lì a ricordare che i miracoli accadono.

 

Marialuisa Duso

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