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Arcugnano

I 100 anni della partigiana Lina. «Ecco la mia Resistenza»

È nata il 16 dicembre 1923: «Ho cercato di trasmettere i valori dell’antifascismo a tutti: è stato un periodo eroico»

Oggi compie 100 anni Lina Tridenti Monchieri, una delle ultime staffette partigiane viventi, testimone diretta attiva nella Resistenza: «Un periodo eroico», dice Lina nella sua casa di Brescia, dove adesso vive la pensionata, originaria di Pianezze di Arcugnano. Il Comune lombardo le renderà omaggio: «Sì, ci sarà anche lei - dice la primogenita Chiara Monchieri -. L’hanno convinta i suoi alunni degli anni ’50-’60: la verranno a prendere in pulmino». Lina, nata il 16 dicembre 1923, è un’insegnante in pensione: prima alle elementari e, dopo la laurea in filosofia e pedagogia nel 1969 alla Cattolica di Brescia, alle medie nella provincia lombarda.

Lina Monchieri: «La libertà è un concetto fondamentale»

«Ho sempre ritenuto fondamentale il concetto di libertà - racconta Lina Tridenti, sposata con Lino Monchieri, scomparso nel 2001 -. Per questo, con l’insegnamento, ho voluto diffondere i valori della Resistenza».
Il racconto di Lina sgorga naturale: «Sono nata in un paesino del Vicentino, ma le mie origini sono romagnole. Mio padre Virginio era di Cesenatico, mio nonno Washington un politico repubblicano. Ecco, quello spirito di educazione e di libertà l’ho sempre respirato in casa. E quando mio fratello Gigi è tornato dalla campagna di Russia ed era nata la Repubblica di Salò, lui non ha voluto aderire e ha iniziato a contattare giovani per fare la Resistenza».

Il fratello era nel battaglione Berici, lei era la staffetta

La partecipazione di Lina Tridenti alla lotta è quasi automatica: «Gigi entrò a far parte del battaglione Berici collegato alla Brigata Mazzini. Ma c’era bisogno di qualcuno che tenesse le comunicazioni. Fu chiesto a me. Avevo finito le magistrali. Grazie anche ai miei fratelli, mi convinsi e iniziai». 
«Un periodo eroico, molto bello - e la voce di Lina Tridenti, sempre ferma, per un attimo si incrina -. Gli anglo-americani avevano pensato che i colli Berici, isolati e trascurati dai nazifascisti, fossero l’ideale per rifornire di armi tutto il Veneto con i lanci aerei. Ce ne furono 7». Tutto bene fino a quando «nel novembre 1944 un paracadute è planato fuori zona, in pianura - aggiunge -. Un contadino si rivolse al Comune e così siamo stati scoperti».

La prigionia del padre, i fratelli scapparono

Inizia il periodo più difficile: «Mio padre fu portato in un campo di lavoro a Bolzano. I miei fratelli sono scappati. Io sono rimasta sola con mia madre a mantenere i contatti con chi si nascondeva». Qualche prigioniero, però, indica Lina ai nazifascisti e i tedeschi vanno a cercarla a casa: «Non c’ero, quel giorno. Stavo visitando 2 amici partigiani di Bologna, che si erano rifugiati a Vicenza. Mia mamma Maria è venuta fino all’ingresso della città. Alla sera stavo tornando, era già suonato l’allarme, la vedo e mi spavento. Ma lei, subito: Lina, non tornare a casa. I fascisti ti stanno cercando, mi hanno detto che ritornano. Così mi ha salvato la vita».
Il resto è una vita di valori trasmessi agli alunni, alle figlie, ai nipoti. È il comportamento da persona libera. Cento anni. Buon compleanno, partigiana Lina.

V.C.

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