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Inchiesta archiviata

Tommaso Fabris morì di meningite a 17anni. «Le cure idonee e tempestive»

Archiviata l'inchiesta sulla morte, a febbraio scorso, del giovane studente di Tezze sul Brenta ricoverato all'ospedale di Bassano

La Procura ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta aperta dopo la morte, avvenuta per una meningite fulminante, di Tommaso Fabris, lo studente di 17 anni di Tezze sul Brenta, deceduto nel febbraio scorso. Le cure a cui il ragazzo è stato sottoposto dopo essere arrivato all'ospedale San Bassiano, in base a quanto stabilito dai consulenti nominati dal pubblico ministero, sarebbero state «idonee e tempestive». Insomma, per cercare di salvare la vita di Tommaso, sarebbe stato fatto tutto il possibile. Purtroppo, però, l’infezione che aveva colpito il diciassettenne era stata devastante. 

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L’autopsia sul corpo dello studente era stata eseguita, a inizio marzo, dal professor Raffaele De Caro, docente all’università di Padova. Lo specialista si era concentrato, nel corso dell’esame autoptico, sui tessuti cerebrali di Tommaso, quelli che erano stati colpiti dalla meningite da meningococco di tipo B. Accertamenti che hanno confermato la diagnosi fatta dai medici dell’ospedale di Bassano che, secondo la procura, hanno agito mettendo correttamente in atto tutte le procedure cliniche che il caso richiedeva. Cure che però, nonostante gli sforzi effettuati, non sono riuscite a salvare Tommaso. Che iniziò ad accusare i primi sintomi con vomito e febbre.

I genitori, pensando a una banale influenza, avevano pensato di abbassare la febbre con un antipiretico e anti-infiammatorio di uso comune, che all'inizio aveva dato qualche effetto. Ma poco dopo la febbre si era ripresentata con un quadro che era andato via via peggiorando. Al San Bassiano la terribile diagnosi è arrivata in breve tempo, ma a quel punto il quadro clinico era già disperato. 

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I familiari del diciassettenne, con un atto di grande generosità, dopo la morte del figlio avevano scelto di donare i suoi organi contribuendo a salvare sei vite. «La cosa più giusta ci è sembrata quella di concedere la donazione degli organi. Quando ce l'hanno chiesto, ci siamo un attimo confrontati, e abbiamo subito acconsentito. Dal primario abbiamo saputo che gli espianti sono andati a buon fine, a favore di ragazzi dell'età del nostro Tommaso e così, un po' di lui, vive in tutta l'Italia. In ogni caso, è quello che avrebbe voluto nostro figlio», avevano raccontato al nostro giornale la mamma e il papà di Tommaso.

Matteo Bernardini

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