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Bassano

La frana in Valsugana: «Tanti crolli ravvicinati, ma frutto di coincidenze»

Parla l'esperto Maurizio Pajola: «Adesso la preoccupazione è capire se questo sia un fenomeno isolato o faccia parte di un sistema»

«Un fenomeno legato alle caratteristiche delle rocce, alle eventuali fessurazioni, agli eventi atmosferici che possono aggravare situazioni preesistenti». Il geologo Maurizio Pajola passa in rassegna le cause che possono aver causato la frana caduta l’altro giorno sulla Valbrenta. Dopo i crolli sulle Piccole Dolomiti e la devastante caduta di massi sulla Valdastico di novembre, il territorio vicentino si trova a fare i conti con un nuovo episodio, questa volta sul monte Grappa.

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Non ci sono collegamenti tra i crolli recenti

Un evento che anche in questo caso ha provocato gravi danni alle infrastrutture interrompendo i collegamenti tra il Veneto e il Trentino. Il susseguirsi dei diversi casi può portare a più di una riflessione: perché, proprio in questo momento storico, continuano a ripetersi frane e crolli, a settimane di distanza l’uno dall’altro? Cosa sta accadendo alle montagne vicentine? C’è un collegamento tra i vari crolli?

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Cosa dobbiamo aspettarci, per il futuro? «Credo che questi crolli, anche se ravvicinati, siano frutto di coincidenze», spiega Pajola. «Hanno peculiarità diverse, che vanno studiate singolarmente. Penso che le condizioni di base siano comuni, poi possono essere aggravate da eventi meteorologici o da microtremori: se l’area si trova in prossimità di una strada lungo la quale il traffico pesante si fa sentire, situazioni preesistenti possono essere accelerate, anche se non determinate. La determinazione, in questi casi, viene da lontano». 

La frana di lastebasse CAROLLO

Necessaria un'analisi puntuale dell'evento

Per capire meglio quanto accaduto lungo la Valbrenta è però necessaria un’analisi puntuale dell’evento. «Possono verificarsi situazioni che aggravano un equilibrio instabile», continua il professionista. «Gli agenti esogeni, come il vento, la pioggia, iniziano a modellare le montagne appena si sono formate. Le temperature rigide, poi, possono far ghiacciare e quindi aumentare di volume l’acqua che magari si è infiltrata nelle microfessure della roccia; oppure possono essere piante e radici ad insinuarsi nelle spaccature ed esercitare così una pressione». Fattori che possono contribuire a muovere le rocce fino a provocare distacchi di materiale anche importanti. «Ci sono diversi tipi di frane», spiega il geologo. «Può verificarsi un crollo per il distacco di un masso oppure ci può essere uno scivolamento su uno strato di roccia che fa da cuscinetto o ancora un pendio, per qualche motivo, può essere intaccato e le masse rocciose possono così perdere la loro stabilità». 

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Una prevenzione di questi eventi è impossibile

Difficile pensare di prevenire i singoli eventi. «È possibile se si presentano degli indizi premonitori - prosegue Pajola - come il ritrovamento di piccoli sassi sulla strada sottostante. In quel caso ci si può chiedere se ciò rappresenti un episodio isolato o se rientri in qualche fenomeno in atto, si può dare il via ad un’attività di monitoraggio ed eventualmente intervenire con delle cariche esplosive. Riguardo al caso della Valbrenta, la preoccupazione ora è quella di capire se ci si trovi di fronte ad un evento isolato o se faccia parte di un sistema per cui la stessa condizione si potrebbe mutuare su aree vicine».

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Matteo Carollo

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