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CASSOLA

Gheller scrive a papa Francesco: «Parliamo del fine vita»

«Vorrei avere un incontro con lei. La Chiesa deve fare un passo avanti e comprendere certe scelte. Dio mi capirà»
L'incontro a Cassola: Stefano Gheller con il patriarca Moraglia, i vescovi Trevisi e Brugnotto e il vescovo emerito Pizziol
L'incontro a Cassola: Stefano Gheller con il patriarca Moraglia, i vescovi Trevisi e Brugnotto e il vescovo emerito Pizziol
L'incontro a Cassola: Stefano Gheller con il patriarca Moraglia, i vescovi Trevisi e Brugnotto e il vescovo emerito Pizziol
L'incontro a Cassola: Stefano Gheller con il patriarca Moraglia, i vescovi Trevisi e Brugnotto e il vescovo emerito Pizziol

Affida la sua storia di sofferenza a papa Francesco nel genuino desiderio di incontrarlo. È di Stefano Gheller la lettera indirizzata al pontefice in cui scrive «mi piacerebbe tantissimo avere un incontro privato con lei per conoscerla e confrontarmi sul tema del fine vita» e lo fa perché ritiene che «sia importante parlare direttamente con le persone che vogliono fare certe scelte in totale libertà» riferendosi naturalmente al tema del suicidio assistito di cui è promotore all'interno dell'associazione "Luca Coscioni".

L'autorizzazione dell'Ulss 7

Il cassolese è l'unico in Veneto ad averne ottenuto l'autorizzazione dall'Ulss 7 e dice che «sapere che quando vorrò, potrò morire nel mio Paese, a casa mia, vicino ai miei cari, mi ha dato molta serenità e pace interiore». Continua Gheller ed entra nel vivo affermando che «molti ritengono che io non ami la vita ma forse la amo molto più di tanti altri».

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La lettera a papa Francesco

Poi rivolgendosi al santo Padre precisa «ovviamente capisco la sua posizione e il suo pensiero di cui ho molto rispetto, ma ritengo che la Chiesa potrebbe fare un passo avanti e comprendere di più le persone come me che vogliono fare certe scelte senza giudizi, ma solo con vicinanza, comprensione e misericordia in nome dell'amore che se esiste Dio sicuramente vorrebbe amare tutti indifferentemente».

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«Da bambino e ragazzo sono cresciuto con la fede - ricorda Gheller che pochi giorni fa ha incontrato i vescovi del Triveneto- , andando in chiesa e pregando, poi sono cambiato. Ora mi ritengo un agnostico, non so se esiste o meno Dio ma penso che se esiste, e mi ha donato la vita, potrà capire la mia scelta e non mi giudicherà per questo. Un Dio che non voglia impormi di vivere a qualunque costo con una sofferenza che io non riesco più a portare avanti».

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La storia di Gheller

Gheller lo dice alla luce della sua storia di "condannato". «Ho 50 anni e sono in carrozzina dall'età di 15 anni, respiro grazie a un ventilatore h24, sono affetto da una malattia progressiva e degenerativa, la distrofia muscolare ereditata da mia madre deceduta nel 2020 dopo aver vissuto per più di 20 anni immobile in un letto, tenuta in vita anche lei da un macchinario. Ho una sorella di 47 anni anche lei in carrozzina con la mia stessa malattia».

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Un destino al quale non ha potuto sottrarsi e questa sua battaglia, ora, rappresenta un motivo di vita.

Michela Cola

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