<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Arzignano

Accusato di stupro, allenatore assolto. «Fine di un incubo. Ora posso tornare a vivere»

Accusato di stupro, la sentenza di assoluzione nei confronti di Zoran Ljubisic, non è stata impugnata ed è diventata definitiva

Il 17 ottobre dello scorso anno, dopo due ore di camera di consiglio, il tribunale collegiale, presieduto dal presidente Lorenzo Miazzi, aveva assolto Zoran Ljubisic, 45 anni, originario della Bosnia Erzegovina, residente a Rosà, ex allenatore dell’Arzignano e successivamente del Sudtirol, dalla pesante accusa di violenza sessuale. Accusa per cui la procura aveva richiesto quattro anni di reclusione. Il primo marzo quella sentenza è diventata irrevocabile.

Nessuno ha impugnato la sentenza di assoluzione

Nessuno l’ha infatti impugnata: né la procura di Vicenza né la procura generale della Corte d’Appello di Venezia e nemmeno la parte civile che si era costituita nel dibattimento. Per Ljubisic, che era stato accusato di violenza sessuale da una parrucchiera di 30 anni dipendente di un salone in un comune della provincia, l’irrevocabilità del pronunciamento di primo grado è il triplice fischio che decreta la fine di «una vicenda che per me ha rappresentato un incubo - racconta l’allenatore -. Qualcosa di surreale. Non riuscivo a credere a quello che mi stava capitando. Era tutto assolutamente senza senso. Mi sembrava di vivere in un film; un mix tra un thriller e un horror». 

Ljubisic: «Mi ha aiutato la fiducia della famiglia e delle società per cui lavoravo»

Ljubisic, ripercorrendo le tappe del caso che lo ha portato davanti ai giudici, ricorda come siano state fondamentalmente tre le cose per cui non si è lasciato andare: «L’assoluta certezza che le accuse che mi erano rivolte erano infondate; la vicinanza della mia famiglia; e la comprensione, assoluta, delle società per cui - in quel periodo - stavo lavorando, ovvero l’Arzignano prima e il Sudtirol poi. Ecco, proprio a questo proposito, vorrei sottolineare che nessuna delle due squadre mi ha mai sospeso dai miei incarichi lavorativi. Io ho immediatamente raccontato tutto quello che mi stava capitando e ho sempre ricevuto il pieno sostegno da parte loro. Mi hanno sempre detto che si fidavano ciecamente di me e me lo hanno dimostrato. Sono stati fantastici». 
L’allenatore - difeso dagli avvocati Anna Silvia Zanini e Renato Gasparini - dopo la lettura della sentenza (nell’autunno scorso) scoppiò in un pianto liberatorio. 

Un incubo che si è concluso

E anche se le lacrime ora sono lontane, in Ljubisic, accanto alla soddisfazione per avere definitivamente chiuso un capitolo della sua vita che avrebbe voluto evitare, resta comunque l’incredulità per quanto accaduto: «Ancora non mi rendo conto per quale motivo una persona possa arrivare a muovere determinate accuse. Tuttora faccio fatica a rendermene conto». «Detto questo - continua l’ex tecnico dell’Arzignano - sono sempre stato fiducioso perché ero ben conscio di non avere fatto nulla. Ero assolutamente convinto che tutto si sarebbe chiarito. E quando ho letto le motivazioni della sentenza ho avuto la certezza che quel pronunciamento nessuno lo avrebbe impugnato. Troppe incongruenze nelle parole e nelle versioni di chi mi ha accusato. Anche grazie al lavoro dei miei legali non poteva che finire nel modo in cui è finita».

E adesso Ljubisic guarda al futuro: «Riparto ancora più forte, ancora più motivato e con la testa più alta di prima, se possibile. Ho diversi progetti a cui sto guardando, anche a un’esperienza all’estero. Che mi piacerebbe realizzare assieme alla mia famiglia».

 

Matteo Bernardini

Suggerimenti