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Vicenza

Scopre chi è il padre a 43 anni grazie al test del dna, ma niente risarcimento né alimenti

Luca ha 46 anni ed è disabile al 100 per cento da molti anni. In settembre, fra l’altro, gli è stato tolto un occhio. Non ha mai ricevuto un euro da suo padre per il mantenimento: quel papà che è stato riconosciuto come tale solo grazie ad un test del dna ordinato dal tribunale nel 2017, e che non gli ha mai risarcito i 50 mila euro stabiliti in quella sentenza, oltre agli alimenti mensili che dovrebbe versargli. Eppure il genitore, Maurizio, 64 anni, residente in città (non citiamo i cognomi per non rendere riconoscibile la parte offesa, per ragioni di salute), è stato prosciolto dal giudice Pezzoli, come sollecitato dal suo difensore, l’avv. Marco Ellero: per la tacita remissione di querela di parte di Luca, che non presentandosi per due volte in tribunale è come se avesse ritirato la denuncia. Possibile? 

«È una beffa incredibile», commenta Elisa, 63 anni, bidella in pensione, la mamma che ha cresciuto Luca da sola. «Dopo la sentenza del 2017, il tribunale ha imposto che mio figlio, a cui avevo dato il mio cognome, lo cambiasse all’anagrafe con quello del padre. Col che la prima raccomandata del tribunale non ci è mai arrivata, perché il postino lo conosce col vecchio cognome». E la seconda volta? «È stato l’altra mattina. Ci siamo presentati in tribunale assieme - precisa Elisa - ma sia io che lui abbiamo problemi sia a spostarci. Davanti al palazzo di giustizia abbiamo dovuto fare un po’ di fila, poi siamo dovuti andare in bagno e cercare l’aula d’udienza. Quando siamo arrivati, alle 9.25, il processo era già finito. E Maurizio è stato prosciolto, perché Luca, non presentandosi a testimoniare, è come se avesse rinunciato a far valere i suoi diritti. Spero che con l’avv. Alessandro Zilio possiamo presentare ricorso in Appello, perché non essere rimborsati per un ritardo mi pare una cosa fuori dal mondo».

Della vicenda del vicentino il nostro Giornale si era già occupato in passato. D’altronde, la sua è una vicenda terribile, da romanzo noir. Elisa, nel 1974, aveva 16 anni ed era una studentessa di ragioneria. Viveva in città con la mamma, il papà lo aveva perso l’anno prima. Si era innamorata di quel giovane, di un anno più grande, che già lavorava. «Se resti incinta ti sposo», le aveva detto. E lei aveva scoperto di aspettare un bambino. «Mi ha lasciato il giorno di San Valentino del 1975. Ero al terzo mese. Luca è nato in agosto». Per Elisa, che ha abbandonato la scuola ed è stata ospitata all’istituto San Rocco, è iniziato il periodo più difficile di una vita comunque segnata da miseria e sofferenze. «Negli anni Settanta, se una donna restava incinta fuori dal matrimonio era esclusivamente colpa sua. Era una reietta. Per una ragazza madre, poi, era davvero difficile anche trovare un lavoro». Elisa, che a Vicenza un posto proprio non riusciva a trovarlo, nel 1981 fu costretta a trasferirsi in Germania, lasciando il figlio alla madre. «Per lui è stato un trauma, quasi quanto non avere un padre». Luca fin da giovane ha iniziato a frequentare brutte compagnie e ha conosciuto la droga a 13 anni. Un calvario, condito da grane con la giustizia, durato anni, fino alla terribile scoperta: la sieropositività e l’invalidità. Poi la decisione di avere un padre, ottenuto grazie ad una sentenza. Ma senza risarcimenti. 

Diego Neri

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