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Vicenza

Ponte con la Cina. Il vicentino Massimo Ambrosetti per l’ambasciata

È esperto di sicurezza informatica e rapporti con l’Oriente. Capo delegazione a Pechino, è stato nominato a sorpresa dal governo Meloni

Il vicentino Massimo Ambrosetti è il nuovo ambasciatore d’Italia a Pechino. La nomina del governo guidato da Giorgia Meloni, su proposta del ministro per gli affari esteri e della cooperazione internazionale Enrico Tajani, è arrivata nei giorni scorsi. Il nome dell’accademico berico, 60 anni, è stato selezionato un po’ a sorpresa perché sembra che fossero altri i candidati in pole position. E invece, l’esperto dei sicurezza informatica che sin dagli studi sta approfondendo la tematica dei rapporti tra Unione europea e Cina, potrà mettere in pratica sul campo le sue conoscenze. 

Un curriculim vitae sterminato

Il curriculum vitae del diplomatico è sterminato. Si parte con un PhD al Magdalene college di Cambridge in Politiche internazionali, conseguito con una tesi dal titolo profetico “Alla ricerca di un partenariato strategico globale tra Cina e Unione europea: ostacoli e prospettive”; poi si passa alla Gerogetown University di Washington Dc, dove Ambrosetti ha conseguito un dottorato in Studi liberali con una tesi dal titolo altrettanto profetico: “Elementi ideativi e materiali nel comportamento internazionale della Cina in aumento come potere globale”. E gli studi universitari all’estero annoverano anche altri due titoli conseguiti con tesi riferite alla Cina: un master in Diritti umani internazionali al New College di Oxford dal titolo “La Cina ha ratificato il Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici. Sfide e prospettive” e un altro master in relazioni internazionali ottenuto al Magdalene college di Cambridge portando la tesi “L'ascesa della Cina: nuovi nazionalismi e ricerca di status”.
Tutto questo dopo aver conseguito all'Università di Padova le lauree in giurisprudenza e in Scienze politiche internazionali. 

I ruoli al Ministero degli esteri

Tra il 1991 e il 1992, Ambrosetti ha ricoperto la carica di vice capo dell’ufficio Asia-Pacifico del ministero degli esteri; tra il 1993 e il 1994 ha invece svolto il ruolo di vice responsabile dell’ufficio per le relazioni esterne dell’Unione europea, sempre al ministero degli esteri. La prima esperienza in Cina del vicentino risale agli anni compresi tra il 1994 e il 1999, quando Ambrosetti ha lavorato a Pechino come vice-capo dell’ufficio economico commerciale dell’ambasciata a Pechino. Tra il 1999 e il 2000, Ambrosetti è rientrato in Europa, a Bruxelles per la precisione, dove ha lavorato come capo dello staff dell’ufficio italiano per la Nato. Dal 2002 al 2006, poi, rientro alla base, al ministero degli Esteri, dove il diplomatico ha potuto operare come vice capo di gabinetto per i rapporti con il parlamento.
Dal 2006 è stato primo consigliere dell’ambasciata italiana a Washington mentre tra il 2010 e il 2013 è stato impiegato alla presidenza del Consiglio dei ministri come direttore delle analisi strategiche. Nel 2012 è stato nominato ministro plenipotenziario.

Ambasciatore a Panama

Dal 2018, infine, Ambrosetti è volato a Panama per lavorare come ambasciatore dello stesso stato ma anche di Haiti, Antigua and Barbuda e St. Kitts and Nevis.
L’esperienza e la preparazione del vicentino Ambrosetti saranno fondamentali a Pechino in uno dei momenti più delicati dei rapporti tra l’Unione europea e l’Occidente più in generale, e Pechino. Oltre all’ormai storica espansione economica del gigante cinese, proprio in queste settimane fa discutere il legame tra il colosso totalitarista guidato da Xi Jinping e la Russia di Vladimir Putin, recentemente incriminato dalla corte penale internazionale per i crimini di guerra commessi in Ucraina.
Operare come ambasciatore italiano in Cina significa coniugare la necessità di mantenere, se non migliorare, i rapporti politici e gli scambi economici-commerciali con il più popoloso Paese del mondo, con tutti i problemi che sono noti dal punto di vista del rispetto dei diritti umani e della contraffazione ma anche mantenere fermi i paletti che l’Unione europea ha imposto nei confronti di chi fiancheggia la Federazione russa.

Karl Zilliken

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