Roberto Luciani
«Siamo rimasti sconvolti». Elena Rancan, volontaria e addetta stampa dell’Admo, l’associazione dei donatori di midollo osseo, non riesce ancora a crederci. «Al funerale del nostro amico Toni il parroco ha proibito agli alpini di entrare con il cappello, anche a colui che portava il labaro. Non ha permesso neppure di metterlo sul feretro, ma lo ha fatto appoggiare a terra, vicino ai fiori. E come se non bastasse al nostro presidente non è stato permesso di leggere un ricordo». Insomma, sarà anche una livella, la morte, ma poi ci sono i funerali. E non sempre le cose vanno per il verso giusto. Soprattutto quando le differenze, lungi dall’appianarsi, rischiano di trasformarsi in uno scontro ideologico, come è successo ieri a Laghetto, nella chiesa di San Giovanni Battista, per il saluto ad Antonio Conca. Che mai avrebbe immaginato di diventare un casus belli alla sua morte.
«Era una persona ben voluta e conosciuta - sottolinea il presidente della sezione Ana di Vicenza Luciano Cherobin - e come nostra tradizione volevamo rendergli omaggio con il picchetto d’onore e accompagnandolo all’altare con i nostri simboli: il vessillo e il cappello. Invece, da quanto mi hanno riferito, il parroco si è rifiutato. Non ho parole. Mi chiedo quale dispetto gli abbiamo fatto per essersi dimostrato così rigido». Cherobin poi aggiunge: «Ho emanato una disposizione a tutti i gruppi affinché entrino nelle cerimonie religiose in punta di piedi, cercando l’accordo e comunque il dialogo con i sacerdoti. In questo caso, mi pare di capire, il parroco è rimasto irremovibile». In realtà, il “no” di don Guerrino Benin ha colpito anche le altre associazioni, invitate a lasciare i loro gagliardetti sul muro della chiesa e non davanti all’altare.
E così alpini e volontari sono rimasti fuori, i primi con il cappello saldamente in testa. E non è finita, perché alla fine del rito, i familiari hanno acconsentito che la bara fosse portata verso il vicino monumento ai Caduti, dove si è proceduto alla lettura della preghiera dell’alpino e del saluto del presidente dell’Admo all’amico scomparso. Il tutto fra lacrime e qualche nervosismo.
Perché questa cerimonia non sarà dimenticata facilmente. E anche se l’Ana prova a sdrammatizzare, c’è un solco che incredibilmente sembra allargarsi: quello fra una certa parte della Chiesa e un’associazione d’arma cui pure lo stesso don Guerrino riconosce dedizione umana. Non sarebbe stato meglio avvicinare le ragioni della liturgia e del cuore con un po’ di buonsenso?
Don Guerrino annuncia una lettera di spiegazioni ai fedeli, ma è un fatto che dopo l’episodio di questa estate a Vittorio Veneto, cominci a serpeggiare una sorta di sindrome d’assedio. «Gli accordi si fanno in due - chiosa Cherobin - e non andrò certo a scomodare la Curia, però è grave che non si riesca a trovare una forma di convivenza». Per questo ha scritto una mail a don Guerrino «per chiedere un incontro e capire». Perché anche la parola è una livella e può spianare le asperità.