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Nel Vicentino

Il 30% dei professori ancora senza vaccino. «Serve il green pass»

Una lezione in classe con la mascherina  ARCHIVIO
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«Non ci sono indicazioni certe. La privacy vieta di conoscere il numero preciso. Non abbiamo questo dato. Ma penso, indicativamente, che, fra docenti e personale scolastico in tutti gli istituti della provincia, i vaccinati siano il 70%». Il provveditore Carlo Alberto Formaggio, o come si dice nell’alfabeto burocratico politically correct della pubblica istruzione, il dirigente dell’ufficio scolastico territoriale di Borgo Scroffa, è come sempre schietto e trasparente. All’appello mancherebbe un 30% di insegnanti e operatori della scuola. E non sarebbero assolutamente pochi.

 

Facendo i conti, se la supposizione di Formaggio, fondata su elementi attendibili, si rivelasse esatta, su 17.968 persone, quello che è l’intero contingente della scuola vicentina fra docenti di ruolo, precari, educatori, personale Ata, cioè il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, i no-vax e gli esitanti non protetti dallo scudo del vaccino potrebbero essere ben 5.400. Non si può sbagliare. Nel Vicentino operano 113 scuole, il 60% nel territorio dell’Ulss Berica, il 40% nell’Alto Vicentino, di cui 75 istituti comprensivi per l’infanzia, le primarie, le medie, e 38 istituti superiori. E l’organico complessivo comprende 102 dirigenti scolastici, 3.777 operatori del personale Ata, 11 educatori, 390 insegnanti di religione cattolica, 13.688 docenti suddivisi fra 1.160 delle materne, 4.563 delle elementari, 3.269 delle medie, 4.696 delle superiori. Fra di loro, inoltre, 4.628 persone hanno fra 56 e 65 anni, e 234 fra 66 e 70. Molti, dunque, coloro che rischiano. E Formaggio, che nei mesi scorsi ha collaborato intensamente con l’Ulss per avviare una mastodontica campagna vaccinale riservata alla scuola, ne è consapevole. «Io ho fatto tutta la mia parte per invitare e convincere insegnanti e non docenti a vaccinarsi. In questo momento qualsiasi iniziativa sarebbe inutile perché, al termine del servizio, il 30 giugno, la maggior parte del personale è andata in vacanza o è a casa. I non vaccinati sono tutti da identificare. Ci vorrebbe l’obbligo. L’ideale sarebbe il green pass per entrare in classe. Eviterebbe tanti problemi. Io sarei favorevolissimo». Insomma, un po' la linea che viene avanti. Lo stesso Cts nazionale ha dato la massima priorità alla didattica in presenza per il prossimo anno scolastico, evidenziano l’importanza determinante della vaccinazione, e raccomandando alla politica di individuare misure anche legislative per garantire la più elevata soglia di soggetti vaccinati. Non c'è, in effetti, altra scelta.

 

La variante Delta corre, moltiplica i contagi fra i giovani. Anche ieri, nell’Ulss Berica, altri 20 nuovi casi. Si sono infettati ragazzi dai 16 ai 21 anni. I contatti sospetti sono decine. Ci sono 300 persone in quarantena, nella maggior parte giovani. La quarta ondata rischia di esplodere a settembre in coincidenza con l’apertura delle aule, e il mix, fra insegnanti no-vax, personale scolastico non vaccinato, alunni e studenti vittime privilegiate del Covid mutato, sarebbe micidiale. Occorre spingere l'acceleratore sui vaccini, fare presto prima che inizi l’anno scolastico. Ma non è facile. Neppure il Sisp è in grado di dare dati certi per andare a pescare no-vax ideologici o indecisi da sollecitare e magari convincere. E la direttrice Teresa Padovan spiega le ragioni: «Quando il commissario Figliuolo ci ha detto di non procedere più per categorie ma per coorti di età abbiamo completato le seconde dosi per gli insegnanti come per le forze dell’ordine, cioè i primi ad essere vaccinati subito dopo gli operatori sanitari. Ma ora noi non possiamo sapere quanti fra gli insegnanti si siano inseriti fra le fasce di età. Abbiamo messo in agenda circa 13 mila persone, ma senza avere gli elenchi perché non ci è stato consentito. Il personale scolastico si è iscritto spontaneamente ma non abbiamo mai avuto una dimensione precisa della platea completa».

Franco Pepe

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