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La solidarietà nel Vicentino

È russo e aiuta i profughi ucraini. «La guerra non serve»

I prodotti sono destinati ai rifugiati ucraini in Moldova
I prodotti sono destinati ai rifugiati ucraini in Moldova
I prodotti sono destinati ai rifugiati ucraini in Moldova
I prodotti sono destinati ai rifugiati ucraini in Moldova

Vive a Vicenza, ma fino ai 15 anni è cresciuto nella città russa di Ivanovo; ha padre russo e madre moldava. Il fratello è al fronte, al confine con il Donbass. Ma Nikolay Ippolytov, 35 anni, non ha tentennato davanti alla possibilità di aiutare i profughi ucraini: «Nessuno dovrebbe vivere la paura e la fame, tanto meno i bambini. Se posso aiutarne anche solo uno a fare un sorriso, sono felice». 
Oltre a gestire un’edicola in corso Palladio, Ippolytov nel 2020 ha fondato anche una start up per l’acquisto di prodotti alimentari da tutta Italia. Con lui, in squadra, ci sono anche i vicentini Enrico Carollo, Tobia Meggiolaro, Tommaso Zanini e Enrico Soli. Con lo scoppio della guerra e il deflagrare dell’emergenza umanitaria, attraverso il loro sito e-commerce hanno lanciato il progetto “Un prodotto per la pace”, attivando un canale che permette alle persone di fare donazioni alimentari, spedendo quanto acquistato nella sede della start up, in contra’ Porta Padova, «senza ovviamente che la nostra attività guadagni da questi acquisti», precisa Ippolytov. Cibomio, questo il nome della start up, si occupa poi di inviare quanto raccolto in Repubblica Moldova, per i profughi ucraini. «Non importa da dove proveniamo - spiega l’ideatore - la guerra e la fame sono brutte per tutti, soprattutto per i bambini». 
Il team organizza spedizioni con cadenza settimanale e finora è stata raccolta «oltre una tonnellata di alimenti grazie alla collaborazione delle persone e delle aziende che collaborano con noi». 
La merce, una volta giunta a destinazione «viene presa in carico da alcuni miei collaboratori, dei programmatori che sono in contatto con un’associazione che dà accoglienza a donne e bambini in fuga dall’Ucraina. Persone ospitate in un campus di studenti della facoltà di medicina, in un quartiere di Chisinau, in Repubblica Moldova, dove ho vissuto anch’io alcuni anni». «Gli studenti - racconta ancora - si sono mobilitati e hanno liberato più di mezzo campus. Se in una stanza vivevano in tre, adesso vivono in sei, in modo da lasciare delle stanze a donne e bambini». «Queste sono le nostre “armi” e “i missili” che mandiamo ai rifugiati. A differenza di altri armi, le nostre si possono mangiare e donano sorrisi ai bambini», è la sua riflessione. 
Sulla guerra la sua posizione è netta: «Questa guerra è la conseguenza di un percorso politico sbagliatissimo degli ultimi 25 anni - sottolinea - purtroppo non è facile riconoscerlo dalla parte occidentale». «La guerra - chiarisce non risolve niente e non voglio santificare nessuno. Ma con il tempo tutto verrà a galla». Nel frattempo, però, ci sono persone che scappano dalle loro case. «Questo momento che adesso sta vivendo l’Ucraina - continua - l’ho vissuto sulla mia pelle personalmente quand’ero bambino e mi ricordo tutto». Da qui il desiderio «di portare un po’ di sollievo a queste persone». 

Alessia Zorzan

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