<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

«Terremoto continuo» La cava va in tribunale

Veduta aerea della cava Grolla al confine tra Valdagno e Cornedo
Veduta aerea della cava Grolla al confine tra Valdagno e Cornedo
Veduta aerea della cava Grolla al confine tra Valdagno e Cornedo
Veduta aerea della cava Grolla al confine tra Valdagno e Cornedo

La cava Grolla finisce in tribunale. Un gruppo di residenti della contrada Tomasoni chiede una perizia che misuri i rumori e le vibrazioni prodotti dalle attività estrattive. Torna così alla ribalta il nodo della convivenza con la coltivazione del sito di proprietà dell’azienda “Faba marmi spa” di Cornedo condotta da Alessandro Faedo. Gli abitanti, affiancati dallo Studio3A con Franco Portento del foro di Padova, hanno depositato in tribunale a Vicenza il ricorso con cui chiedono una consulenza tecnica per stabilire il livello di tollerabilità delle immissioni provenienti dal sito estrattivo, tentando di raggiungere una mediazione con la proprietà, che in questo momento, contattata, non rilascia dichiarazioni. Il dito dei residenti della contrada, al confine tra Cornedo e Valdagno, intanto è puntato su quello che definiscono «terremoto quotidiano provocato dalle attività in cava. Chiediamo venga nominato un consulente tecnico che definisca se vibrazioni e rumori prodotti ledano il nostro diritto al quieto vivere. L’esistenza del quartiere - spiega lo Studio3A - da anni è sconvolta dalle lavorazioni di questa cava di marmo che incombe sulle abitazioni e che si sta “mangiando” il monte Spagnago alle cui pendici sorge l’abitato: in più occasioni si sono staccati e sono precipitati a valle grossi massi, con seri pericoli per le persone». Era il 2017, quando trenta tonnellate di roccia hanno minacciato la contrada facendo scattare misure di sicurezza e due ordinanze, una della Provincia e l’altra del Comune di Valdagno. Il masso pericolante, prima era stato imbragato con reti e cavi d’acciaio ancorandolo saldamente al versante e successivamente fatto brillare con venti microcariche. Ma secondo il gruppo di residenti il problema è più profondo: «Oggi il colle si presenta come un vulcano artificiale con un enorme cratere, lo scavo, che ne ha svuotato le “viscere” e il cui fronte lambisce ormai la cresta. Il fronte estrattivo di fatto si trova in linea d’aria a un centinaio di metri dalle case più vicine». Inoltre negli anni si è passati, dall’estrazione di blocchi di marmo a quella di graniglia e, per i denuncianti, questo ha moltiplicato i problemi: «Per ridurre il materiale in poltiglia vengono fatte esplodere delle mine con la frequenza di due-tre serie a settimana e ciascun ciclo può arrivare anche a una decina di esplosioni». Già nel 2016 gli abitanti aveva denunciato crepe e lesioni nelle abitazioni e avevano investito il Comune di Cornedo della situazione. All’epoca erano stati attivati sismografi, collegati agli uffici provinciali, per controllare le vibrazioni prodotte dalle esplosioni e dopo mesi di rilevazioni tutto era risultato al di sotto della soglia prevista dalle normative che disciplinavano l’attività. Lo Studio3A spiega di aver «messo in campo tecnici e periti, sollecitato e ottenuto un tavolo di confronto con la proprietà, i due Comuni e la Provincia» e di aver «denunciato più volte i gravi problemi. Ogni tentativo di raggiungere un accordo con Faba Marmi per ottenere un ristoro dei danni e una modalità di lavoro più rispettosa della nostra vita non ha sortito risultati». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Veronica Molinari

Suggerimenti