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La testimonianza

Un'intera famiglia ospite a Thiene: «Abbiamo lasciato tutto. Il pensiero va a chi è là»

Il sindaco di Thiene, Casarotto con i giovani afghani (Foto Ciscato)
Il sindaco di Thiene, Casarotto con i giovani afghani (Foto Ciscato)
Il sindaco di Thiene, Casarotto con i giovani afghani (Foto Ciscato)
Il sindaco di Thiene, Casarotto con i giovani afghani (Foto Ciscato)

I visi sorridenti dietro la mascherina, la timidezza di chi non comprende la lingua degli ospiti - un misto di italiano, dialetto e inglese maccheronico - ma è riconoscente nei confronti di una città che gli ha permesso di trovare una casa in cui sentirsi al sicuro e sognare un futuro di pace. «Grazie all’Italia che ci ha accolto, siamo davvero grati di essere arrivati qui», è una frase che la famiglia Zirak ha ripetuto spesso ieri pomeriggio durante l’incontro con la giunta comunale di Thiene davanti all’appartamento messo a disposizione dalla parrocchia di San Sebastiano nel quartiere di Ca’ Pajella. Il sindaco Gianni Casarotto, gli assessori e don Andrea Battagin hanno voluto salutare i sei profughi afghani arrivati martedì notte e dare loro il benvenuto. 

A parlare, a nome di tutta la famiglia, è stato il figlio maggiore Habiballah, 25 anni, che faceva il sarto. Con lui ci sono il fratello Sahrab, di 24, studente universitario, le sorelle Farzann e Anahita, di 23 e 17, e il padre Cuhulam Salchi, farmacista, mentre la madre Nasrin è rimasta in casa. «Siamo scappati da Kabul 20 giorni fa, lasciando là tutto quello che avevamo, praticamente siamo fuggiti solo con i vestiti che avevamo addosso - racconta il ragazzo -. Ci ha aiutato a uscire dall’Afghanistan il datore di lavoro di mio padre che aveva contatti in Italia e ci ha permesso di imbarcarci sul primo volo disponibile. Purtroppo a Kabul abbiamo lasciato i nostri parenti, in particolare alcuni zii, e questo ci preoccupa molto». Poche frasi in inglese scolastico che lasciano intuire la grande sofferenza provata da questa famiglia in fuga dal terrore dei talebani. 

La prima ad accogliere in città la famiglia Zarik è stata Monica Tresso della Nova di Schio, cooperativa che si occupa di gestire l’accoglienza dei richiedenti asilo nell’appartamento della parrocchia. «Quando li ho visti arrivare a Thiene, martedì intorno alle 2 e mezza - afferma Tresso -, avevano con sé solo dei sacchi neri con alcuni indumenti probabilmente recuperati al centro di Marghera e null’altro. La figlia più piccola indossava invece un bellissimo abito afghano, forse l’unico ricordo della sua terra. Anche la madre era vestita in maniera tradizionale. In questi giorni provvederemo a fissare l’appuntamento per la vaccinazione (hanno ricevuto la prima dose di Moderna al centro di Marghera dove hanno trascorso la quarantena, ndr) e poi procederemo con la richiesta del permesso di soggiorno provvisorio». 

«Non nascondo che la notizia del loro arrivo ci abbia preso un po’ alla sprovvista - afferma il sindaco Casarotto -, ma ci siamo attivati per accoglierli nel miglior modo possibile e credo che anche la città saprà dimostrare loro solidarietà e vicinanza; già stamattina (ieri per chi legge, ndr) un imprenditore mi ha contattato per offrire un posto di lavoro».

«Il loro arrivo è stata una sorpresa anche per noi - aggiunge Tresso -, lo abbiamo saputo solo venerdì mattina tanto che abbiamo dovuto trovare al volo un’altra sistemazione per i quattro ragazzi africani ospitati nell’appartamento e preparare la casa per la nuova famiglia».

L’alloggio, infatti, è da febbraio 2016 a disposizione dei progetti di accoglienza coordinati dalla prefettura: in questi anni ha ospitato soprattutto migranti provenienti dall’Africa, ma negli ultimi tre mesi alla cooperativa Nova sono arrivate richieste di accoglienza anche per cittadini bengalesi, pachistani e nepalesi. «Siamo lieti di poter offrire ospitalità a questa popolazione colpita così duramente - conclude don Andrea -. In questi 5 anni la nostra comunità ha saputo dimostrare di saper accogliere e integrare i richiedenti asilo, offrendo loro non solo una casa ma soprattutto l’opportunità di rifarsi una vita, e sono convinto che anche con questa famiglia afghana sarà così». 

 

Alessandra Dall'Igna

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