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«Ha ucciso l’ex moglie in uno scatto d’ira»

Anna Barretta e Angelo Lavarra in una foto di alcuni anni faIl corpo di Anna portato via dall’appartamento di via Aldo Moro
Anna Barretta e Angelo Lavarra in una foto di alcuni anni faIl corpo di Anna portato via dall’appartamento di via Aldo Moro
Anna Barretta e Angelo Lavarra in una foto di alcuni anni faIl corpo di Anna portato via dall’appartamento di via Aldo Moro
Anna Barretta e Angelo Lavarra in una foto di alcuni anni faIl corpo di Anna portato via dall’appartamento di via Aldo Moro

Ha ammazzato l’ex moglie in uno scatto d’ira e deve rimanere in carcere perché gli indizi di colpevolezza contro di lui sono gravi e coincidenti. Il pm Luigi Salvadori non ha dubbi e lo ha scritto nero su bianco nella richiesta depositata al gip per la convalida del fermo per omcidio volontario aggravato e l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Per i carabinieri non ci sono dubbi: Anna Filomena Barretta, 42 anni, mamma di due figlie di 16 e 11, non si è suicidata: la commessa al Carrefour di Thiene è stata uccisa, al culmine di un’accesa discussione, dall’ex marito, Angelo Lavarra, 43 anni, guardia giurata, originario di Massafra in provincia di Taranto. Non si sarebbe quindi trattato di un delitto premeditato, ma di un omicidio d’impeto scaturito dopo una lite, legata alla complicata situazione familiare che i due coniugi separati attraversavano. Per gli investigatori ci sono troppi indizi, emersi soprattutto dopo l’autopsia e i rilievi del Ris di Parma eseguiti nell’appartamento di via Aldo Moro, che non combaciano con la versione fornita ai carabinieri e al pm Luigi Salvadori dal metronotte, da giovedì in carcere in stato di fermo per omicidio volontario aggravato. Questa mattina il gip Massimo Gerace deciderà se firmare l’ordinanza di custodia chiesta dal pm nei confronti di Lavarra, assistito dagli avvocati Rosanna Pasqualini e Lucio Zarantonello. La guardia giurata, interrogato lungamente, non si è mai lasciato andare; ha ripetuto la sua versione di quanto accaduto la mattina del 20 novembre sostenendo di non avere ucciso Anna Filomena. Le sue parole, però, sarebbero incompatibili con quanto riscontrato dal Ris, e dai primi esiti dell’esame autoptico. In particolare, nell’appartamento al civico 5/B di via Moro a Marano, le tracce di sangue sarebbero state riscontrate praticamente ovunque. Lavarra avrebbe spiegato che quando è stato svegliato dal colpo di pistola, tra le 9.30 e le 10, stava dormendo sul divano in salotto e che a piedi scalzi era poi corso a vedere cosa fosse successo, trovando la compagna morta in camera da letto. Ma il sangue rinvenuto dal Ris non sarebbe compatibile solo con il semplice calpestio. Secondo il racconto fornito da Lavarra agli investigatori, avrebbe discusso con la moglie di questioni economiche e lei, che aveva preso in affitto un altro appartamento, avrebbe manifestato l’intenzione di rientrare sotto il tetto coniugale. «Le ho detto però che avrebbe dovuto tornare come moglie», ha precisato l’uomo. Quindi mentre Anna avrebbe proseguito con i lavori di casa, lui si sarebbe appisolato. C’è poi la questione dell’arma. Usare una pistola per chi non l’ha mai fatto non è agevole. Soprattutto la tecnica per scarrellare le semiautomatiche richiede pratica. «Glielo avevo insegnato», ha dichiarato Lavarra non convincendo però i carabinieri. Poi c’è il fatto che la Beretta calibro 9, regolarmente detenuta dal metronotte, fosse impugnata dalla mano destra di Anna, mentre l’esame autoptico accerta che il colpo alla nuca è compatibile solo con lo sparo di una mano sinistra. E che l’esplosione, a differenza di quanto dovrebbe avvenire in caso di suicidio, non sarebbe avvenuta a bruciapelo, ma a una distanza di almeno una trentina di centimetri. Angelo Lavarra continua a ribadire la sua totale estraneità alle accuse che gli vengono rivolte. Di più, ai carabinieri del colonnello Santini, che gli comunicano che sta per essere trasferito in carcere in attesa della convalida, la guardia giurata ha solo la forza di sussurrare: «State prendendo un colossale granchio». Nel corso delle indagini, che in queste ore stanno proseguendo a ritmo serrato, gli investigatori, oltre ad avere apposto i sigilli all’appartamento di via Aldo Moro, hanno anche sequestrato i telefoni cellulari della coppia sperando che all’interno possano esserci ulteriori indizi in grado di spiegare cosa sia potuto accadere con esattezza la mattina in cui Anna Barretta è morta. Sul movente, infatti, non ci sono certezze anche se al momento verrebbe esclusa la premeditazione del delitto puntando invece a un omicidio d’impeto scaturito, appunto, al termine di un litigio tra la guardia giurata l’ex commessa. Forse l’ennesima discussione tra due coniugi che non si stavano lasciando in maniera certo pacifica. E questo nonostante i loro rapporti stessero continuando e fossero pressoché costanti. Con Anna che continuava a frequentare l’abitazione di famiglia, a Marano, nonostante si fosse trasferita in un altro appartamento, a Thiene, vicina al suo posto di lavoro. Un’indipendenza che forse Lavarra non accettava. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Matteo Bernardini

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