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Il personaggio

Addio Walter Landmann: dalla sua storia un film

Aveva appena 15 anni quando nel 1941 fu spedito in “confine libero” ad Arsiero assieme ai genitori, da dove rischiò di essere deportato ad Auschwitz, diventando così uno dei 615 internati ebrei nella provincia di Vicenza. 
Fino al giorno della sua morte, avvenuta sabato a Bedford in Inghilterra dove viveva con la moglie Elisabeth, Walter Landmann ha voluto testimoniare la feroce persecuzione nazista, condividendo la sua storia soprattutto in occasione della Giornata della Memoria. Lo ha fatto anche a Thiene, grazie all’impegno di Giannico Tessari, presidente dell’Anpi cittadina, che nel 2015 ha organizzato per lui diversi incontri con gli studenti e la cittadinanza nell’ambito della rassegna “Le Porte della Memoria”. «Volevo dimenticare questa fase della mia vita, perché mi faceva troppo male - aveva confidato Walter a Tessari nel loro primo incontro - In anni recenti ho cominciato a trovare la forza di ricordare, perché era troppo difficile andare avanti con questo peso». Nel 2015 Walter ha avuto anche l’occasione di incontrare Rosa Klein Fischer, sorella di Oscar, il jazzista ebreo che ha ispirato l’omonimo film del regista Dennis Dellai. Le due famiglie, Landmann e Klein, dal 1942 al 1944 furono infatti entrambe inviate ad Arsiero in domicilio coatto e insieme affrontarono poi la fuga in Svizzera. «Incontrai Walter Landmann nel maggio del 2014 al ristorante La Vignetta di Arsiero - ricorda Tessari - La scelta del luogo non è stata casuale: quell’edificio aveva ospitato la famiglia Landmann durante la guerra in libero internamento; così veniva chiamata la privazione di molte libertà a cui erano sottoposti gli ebrei dal 1941 al 1943 in piccoli centri del centro nord d’Italia. Walter e i suoi genitori sperimentarono anche il lager di Tonezza, e furono gli unici sopravvissuti dei 45 ebrei raccolti in quel luogo e poi sterminati ad Auschwitz».
Prima di essere aggregati al convoglio di carri bestiame per Milano e, poi, per Auschwitz, la madre Barbara dichiarò alle SS di essere ariana e che la sua famiglia, essendo mista, in base alla legge tedesca detta “di Norimberga” non poteva essere deportati. Fu così che, eseguiti i controlli, i tre furono ricondotti ad Arsiero, mentre i 42 compagni non ebbero scampo. Tuttavia il loro destino, assieme a quello dei Klein, era ormai segnato. Fu don Antonio Frigo, professore di matematica in seminario, ad organizzare nel febbraio del 1944 la loro fuga in Svizzera, ricorrendo al partigiano Rinaldo Arnaldi. A raccontare la fuga è stato lo stesso Walter Landmann nel corso dell’incontro con Rosa Klein, che non vedeva da 71 anni: «Giunti a Piovene in attesa del treno per Vicenza, siamo trasaliti. Ci stava guardando il comandante del campo di Tonezza. Ci ha sorriso e ci ha detto: Buon viaggio! Poi la fuga verso le Alpi svizzere, superate con una camminata di 12 ore. La neve era alta e anch’io, sedicenne, ho portato sulle spalle la piccola Rosa che aveva 6 anni, finché non abbiamo incontrato la polizia di frontiera svizzera». 
«Quando martedì ho informato Rosa Klein della scomparsa di Walter - afferma Tessari - lei mi ha risposto che proprio quel giorno stava partecipando ad un evento sulla Shoah e che aveva raccontato al pubblico del suo incontro con Walter nel 2015, quasi come se avesse sentito che il suo vecchio amico non c’era più. E ha aggiunto: “Tutti, prima o dopo, lasciamo questo mondo, ma se qualcuno ci pensa e parla di noi, allora non siamo spariti”».

 

Alessandra Dall'Igna

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