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La storia

La cartolina dal lager arriva dopo 79 anni

Bruno Saccardo mostra la cartolina indirizzata al papà 79 anni fa STU
Bruno Saccardo mostra la cartolina indirizzata al papà 79 anni fa STU
Bruno Saccardo mostra la cartolina indirizzata al papà 79 anni fa STU
Bruno Saccardo mostra la cartolina indirizzata al papà 79 anni fa STU

La cartolina postale spedita dal campo di concentramento nazista arriva a destinazione dopo 79 anni, ma a riceverla è il figlio Bruno e non il papà Pietro, a cui era indirizzata. Perché la Storia a volte fa dei giri immensi, ma poi si ritrova. Antonio Saccardo, caporal maggiore del 15° Reggimento artiglieria da montagna di stanza a Conegliano, a 29 anni fu deportato in Germania il giorno dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Da allora i famigliari non seppero più nulla fino a quando, per la loro sorpresa e gioia, non tornò a casa nel maggio del 1945, dopo 2 anni senza avere più alcuna sua notizia. Antonio al suo rientro si sposò, con la donna che avrebbe voluto sposare un mese prima del suo richiamo alle armi e per cui rinviò le nozze, ed ebbe 3 figli, tra cui Bruno. Morì poi nel 1985, ma la sua memoria torna prepotentemente alla ribalta oggi grazie ad una cartolina postale.
La cartolina è quella trovata da un residente di Giavenale in un mercatino dei collezionisti a Ferrara qualche giorno fa e indirizzata al “signor Saccardo Pietro, via Campassi Schio”, che riporta, con data 1° dicembre 1943: «È per comunicarvi che mi trovo in un campo di prigionia in Germania. Il mio stato di salute è buono». Poche parole ma che avrebbero voluto essere un aggancio alla vita, alla vita precaria di quegli anni di sofferenza, alla vita lasciata in patria, ai propri affetti familiari, da cui la Storia lo aveva separato. Una ricucitura rimasta sospesa, ma che si compie oggi e che fa commuovere il figlio Bruno, quando gli viene consegnata la cartolina riemersa dalle pieghe del tempo. Era stata spedita direttamente dallo Stammlager XII-F ed era indirizzata al nonno di Bruno. Lo Stalag XII-F fu un campo di prigionia tedesco che dipendeva dal XII distretto militare, la 12esima regione militare tedesca con sede a Wiesbaden e situato nei pressi di Forbach, nella Mosella annessa al Terzo Reich, ora in Francia. Il campo fu attivo dal 15 novembre 1940 al 9 dicembre 1944 e poi trasferito in Germania dove rimase in funzione fino al 1945. «I miei nonni non avevano più avuto alcuna notizia di mio padre, tant’è che lo credevano morto. Infatti dal 1943 al 1945 a tutti i miei cugini diedero nome Antonio in ricordo dello zio scomparso in guerra - racconta Bruno Saccardo, ex dipendente comunale e ora presidente del consiglio di quartiere di Giavenale - Di mio padre non seppero più nulla fino al suo rientro il 25 maggio del 1945».
Antonio era partito per la guerra con direzione Albania il 13 settembre del 1940 e il 9 settembre del 1943 fu fatto prigioniero e deportato in Germania da dove sarebbe dovuta arrivare la lettera che comunicava dove si trovava e il suo stato di salute. Inizialmente prigioniero di guerra e poi internato in un campo di lavoro, di Antonio invece non si ebbero più notizie fino alla fine della guerra, quando tornò a casa e si costruì quella vita interrotta dallo scoppio del conflitto mondiale.

Rubina Tognazzi

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