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I 30 anni di Casa Sichem Un rifugio per 1200 tra donne e bambini

Alla struttura di via Beata Giovanna si è affiancata Casa TabitàCasa Sichem ha offerto rifugio a centinaia di donne e bambini. CECCON
Alla struttura di via Beata Giovanna si è affiancata Casa TabitàCasa Sichem ha offerto rifugio a centinaia di donne e bambini. CECCON
Alla struttura di via Beata Giovanna si è affiancata Casa TabitàCasa Sichem ha offerto rifugio a centinaia di donne e bambini. CECCON
Alla struttura di via Beata Giovanna si è affiancata Casa TabitàCasa Sichem ha offerto rifugio a centinaia di donne e bambini. CECCON

Trenta per mille: trenta come gli anni di attività per Casa Sichem, 1063 come le persone, madri e bimbi in difficoltà, accolte finora con una presenza mensile che oscilla dalle 12 alle 15 madri con figli minori. Un servizio essenziale per il territorio, quello offerto dalla comunità che ha appena raggiunto il traguardo delle tre decadi che, abbinato alla “gemella” casa-rifugio Tabità, offre protezione e servizi essenziali ogni anno a una cinquantina di persone. «I numeri negli ultimi anni sono in crescita – spiega la presidente di Casa Sichem, Valeria Martinelli – ma il dato non va interpretato in chiave negativa. Semplicemente, oggi c’è una rete antiviolenza che funziona meglio che in passato e c’è un maggior numero di donne, vittime di abusi, che trovano il coraggio di parlare». Così tra scuola, forze dell’ordine, presidi sanitari e punti di ascolto, il monitoraggio del territorio si è consolidato e consente delle vie di fuga almeno dalle situazioni più critiche. «Accanto alle oltre mille ospiti di Casa Sichem – prosegue la presidente – sono un dato rilevante anche le 112 persone, sempre donne e minori, accolte dal 2011 a Casa Tabità. Anche qui il dato si presta a una doppia lettura: come segnale di una patologia sociale non immediatamente visibile, ma anche come testimonianza di un cambiamento culturale rispetto al passato». Cambiamento che nel Bassanese è appena più anziano di Casa Sichem e affonda le proprie radici sul finire negli anni ’80 nelle iniziative promosse dai gruppi femminili dai quali sarebbero nate le associazioni “Questacittà” e “8 Marzo”. «A Casa Sichem e Tabità le donne trovano innanzitutto il supporto vitale – prosegue Martinelli -, poi una situazione stabile e simile il più possibile alla vita familiare, infine percorsi di supporto e inserimento sociale». Percorsi che si sono modificati negli anni perché, a fronte di uno stereotipo che vorrebbe vittime di violenze soprattutto le donne migranti, gli ingressi nelle due comunità riguardano nella stragrande maggioranza, con percentuali del 75%, nuclei familiari italiani. «La violenza, nello specifico per la casa-rifugio, e le situazioni di difficoltà delle quali si occupa Casa Sichem non conoscono né colore politico né differenze di status economico – evidenzia Martinelli -. Non solo: cambiano con il passare del tempo e, oggi, accanto alla violenza fisica in senso stretto, o alla pressione psicologica, vedono con frequenza sempre maggiore anche forme di violenza economica». Spesso, quindi, le ospiti arrivano non potendo contare su un reddito proprio, e trovandosi costrette a ripartire economicamente quasi da zero. «Per far funzionare efficacemente una realtà come la nostra – chiude la presidente – bisogna rendersi attivi su più fronti, rispondendo alle emergenze ma anche aiutando le ospiti a ripianificare la propria vita. In questo, è fondamentale il sostegno della Regione ma anche negli ultimi anni di una realtà come la fondazione Otb di Renzo Rosso che ha sposato con convinzione il nostro progetto». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Lorenzo Parolin

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