VENEZIA. Il Tribunale di Venezia, sezione Imprese, ha dichiarato nullo un contratto di finanziamento per l’acquisto di azioni proprie per 15 milioni di euro della Banca Popolare di Vicenza, riconoscendo a una coppia di risparmiatori di Bassano del Grappa il diritto di non dover restituire la somma.
I due, pensionati, si erano visti addebitare sul proprio conto corrente, il 26 ottobre 2012, un finanziamento prima di 3.750.000 euro e poi altri 11.250.000 per l’acquisto di azioni senza che ne sapessero nulla. Le azioni da 62,50 euro si erano poi svalutate a 6,30 e la coppia si trovava così esposta verso la banca per l’intero debito. «Al processo - hanno spiegato all'Ansa gli avvocati Sergio Calvetti e Claudio Marin - la banca non è riuscita a fornire il contratto di finanziamento. In parole povere, un anonimo funzionario della banca avrebbe utilizzato i conti correnti dei due coniugi, a loro completa insaputa, e chi ha fatto o firmato il contratto lo avrebbe nascosto». Secondo i giudici «la domanda è soddisfatta dalla nullità del contratto per difetto di forma» e appare evidente «che i contratti di finanziamento non furono sottoscritti dalla parte attrice» e «non vi è dunque alcun obbligo di adempiere tale contratto».
«Si è trattato - hanno commentato i legali trevigiani - di due operazioni cosiddette "baciate" (acquisto azioni della banca finanziata dalla banca stessa) con l’aggravante di aver taciuto ai soggetti vittime l’utilizzo dei propri conti bancari. È da sottolineare infine come il comportamento della banca abbia nuociuto non solo ai due sprovveduti coniugi, ma anche alla banca stessa - concludono - per aver reso falso il patrimonio di vigilanza al solo scopo di superare lo stress test».