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Asiago

"Atterriamo", poi il malore fatale. «Sono vivo per miracolo. Renato un eroe, ha evitato un disastro»

Renato Fornaciari, pilota di grande esperienza, era molto conosciuto sull’Altopiano
Renato Fornaciari, pilota di grande esperienza, era molto conosciuto sull’Altopiano
Renato Fornaciari, pilota di grande esperienza, era molto conosciuto sull’Altopiano
Renato Fornaciari, pilota di grande esperienza, era molto conosciuto sull’Altopiano

«Atterriamo». La voce del pilota Renato Fornaciari lunedì mattina alle 10.15 è risuona nell’interfono del cineoperatore 42enne bresciano Marco Vignoni. Sono gli ultimi momenti e le ultime parole prima dell’atterraggio di emergenza all’aeroporto di Asiago a causa dell’infarto che ha colpito il pilota in volo. Un malore risultato poi fatale a Fornaciari, che però con grande senso del dovere riesce ad atterrare prima di accasciarsi sui comandi del biplano Tiger Moth che stava pilotando e sulla quale viaggiava Vignoni.

«Ci siamo incontrati poco prima del decollo, verso le 9 - racconta Vignoni -. Tempo di un caffè e poi siamo partiti in volo. Il tempo non era dei migliori: c’erano nebbia e nuvole basse. Non mi ha stupito quindi la decisione di Renato di ritornare in aeroporto».
Fornaciari era stato ingaggiato dalla produzione del film “L’Isola che non c’è; la vera storia del soldato Peter Pan”, la Jolefilm di Marco Paolini, perché pilota esperto di volo con il biplano d’epoca. Aereo che non solo serviva per effettuare delle riprese dall’alto ma soprattutto per essere ripreso da terra.
Vignoni invece è un cineoperatore e videomaker che doveva fare le riprese dall’alto. Due professionisti che si sono subito capiti, consapevoli di quanto richiedevano i registi. «Non avevo alcun timore nel salire a bordo dell’aereo per quanto fosse un modello vecchio, perché tutti mi hanno rassicurato sulla bravura di Renato Fornaciari - riprende il racconto Vignoni -. Così, quando ha deciso di atterrare, non mi sono posto alcuna domanda. L’atterraggio è stato normale, dall’interfono non arrivava alcun segnale di allarme e anche l’approccio all’aeroporto mi è parso da manuale, quindi posso solo presumere che in quel momento Renato fosse ancora lucido. Solo quando abbiamo toccato terra il velivolo ha deviato a destra, finendo in mezzo all’erba: lì ho capito che c’era qualcosa che non andava e girandomi ho visto Renato privo di sensi. Sono sceso dall’aereo e assieme al personale dell’aeroporto abbiamo cercato di rianimarlo, purtroppo invano. Gli stessi vigili del fuoco e il personale del suem hanno proseguito per un’ora ma Renato non ce l’ha fatta».

Vignoni, dopo una notte difficile, è ritornato dietro alla cinepresa, anche se è ancora scioccato per quanto avvenuto. «Mi sento un miracolato – ammette – e pur davanti a una morte triste e improvvisa dobbiamo dire che è andata bene. Ma non solo a me: se le cose fossero andate diversamente, l’aereo avrebbe potuto precipitare, ferendo altre persone. Invece nessuno è rimasto coinvolto, tranne chiaramente Renato che oggi non c’è più. È deceduto facendo la cosa che più amava: una conclusione che, sarà strano da dire, ma ha un che di bello, di poetico in tutta questa vicenda».

Gerardo Rigoni

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