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Crespadoro

«Picchiata dal mio ex in piazza». Un audio la sbugiarda in aula

La chiesa parrocchiale di Crespadoro (Foto Archivio)
La chiesa parrocchiale di Crespadoro (Foto Archivio)
La chiesa parrocchiale di Crespadoro (Foto Archivio)
La chiesa parrocchiale di Crespadoro (Foto Archivio)

Lei denunciò sicura: «Sono stata aggredita dal mio ex e da suo padre. Mia mamma era presente e ha assistito alla scena, avvenuta davanti alla chiesa di Crespadoro». Entrambe lo hanno confermato in tribunale, ma sono state sbugiardate da un file audio. I due imputati, infatti, avevano registrato con il telefono l’intera scena, ed è emersa davanti in aula un’altra verità. Risultato: il giudice Lunardon ha assolto, perché il fatto non sussiste, F. M., 27 anni, e G. M., 58, entrambi di Trissino, come avevano sollecitato i difensori, gli avv. Nicola Mele e Maela Magliocco. Non solo: la giovane denunciante, L. L., 24, e sua mamma, di Altissimo, sono state denunciate per calunnia e falsa testimonianza. Cercheranno, difese dall’avv. Giulia Martini, di dimostrare che invece avevano ragione.

La vicenda, quanto mai singolare, si inserisce nella durissima battaglia fra ex fidanzati, genitori di un bambino di pochi anni (per questo pubblichiamo le iniziali, per non renderlo riconoscibile), per l’affido del piccolo. Una battaglia legale con tantissimi capitoli, sia penali che civili. I fatti contestati sarebbero avvenuti a Crespadoro il 5 maggio 2017. Era stato il consulente tecnico del tribunale a suggerire ai due genitori di incontrarsi con gli altri parenti in un luogo pubblico: la mamma doveva far incontrare il bimbo al papà.In base a quanto denunciato da L. L., era scoppiata una discussione; il bimbo era scoppiato in lacrime; lei era stata spinta dal suo ex, era finita contro il muro della chiesa; il suo ex suocero le avrebbe sferrato un calcio, facendola cadere a terra. Quel giorno si era presentata al pronto soccorso di Arzignano dove, per alcune contusioni, era stata giudicata guaribile in qualche giorno. Era tornata il 7 maggio: emersero fratture al polso e all’omero, con prognosi di oltre 40 giorni. Scattarono denuncia, inchiesta e processo. E in aula sia L. L. che sua mamma hanno confermato questa ricostruzione, tanto che al termine il pubblico ministero onorario Schiavon aveva chiesto per gli imputati 6 mesi di reclusione.
Quel giorno, però, F. M. si era presentato all’incontro dopo aver attivato la registrazione con il suo cellulare e l’audio è stato ascoltato in aula. Non sono emerse discussioni, né urla, né botte; il bimbo non appariva certo disperato.  La difesa aveva chiesto a L. L. perché non fosse intervenuto nessuno a soccorrerla. «Non c’era nessuno in piazza?», «No, nessuno». «Neanche il fioraio?». «No». La difesa ha invece esibito lo scontrino, con la data di quel giorno, di un acquisto effettuato dalla mamma dell’imputato, pure presente ma estranea alle contestazioni, da quel fioraio. Un’altra dimostrazione, secondo gli imputati, che la parte offesa e sua mamma non stavano raccontando la verità.
Il giudice ha accolto questa impostazione. Non solo ha assolto gli imputati, ma ha anche condannato L. L. a pagare le spese legali, ordinando la trasmissione di tutti gli atti alla magistratura affinché provveda contro la giovane e sua mamma. Raccontare bugie in tribunale, o accusare innocenti, sono violazioni gravi alla legge. L. L. è certa di aver detto la verità, ma la battaglia continua. 

 

Diego Neri

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