L’occhialuto Eddie (Taron Egerton) riesce a resistere in vasca da bagno 58” senza respirare. E “perciò” si veste per razziar medaglie all’Olimpiade di Roma. Mamma (Jo Hartley) gli dà una scatola vuota di biscotti per contenere le medaglie. Babbo (Keith Allen) s’arrabbia e lo vede meglio imbianchino accanto a sé. Superato un guaio alle ginocchia Eddie tenta ogni sport. Rovinosamente: nella biscottiera molti occhiali a pezzi. Entra nella squadra di sci alpino allenata sulla pista artificiale di Gloucester. Messo fuori in vista dei Giochi di Calgary (’88): privo di “stoffa olimpionica”. Nella cameretta, dietro una foto di Pierino Gros, Eddie scopre l’immagine di un trampolino da sci. E perciò si fionda, con i risparmi, al centro allenamenti di Garmisch. Improvvisa un paio di folli salti: lividi dappertutto. A levigare la pista, sul “gatto cingolato”, provvede Bronson Peary (Hugh Jackman), mancato campione ora alcolizzato. Lui spiega ad Eddie il paradosso del salto (potenza-equilibrio-incscienza), condensato nella sequenza: su (in volo)-indietro (con le mani)-avanti (col corpo, tenendo gli sci-alianti a V)-giù (in equilibrio). Bronson insegna almeno l’atterraggio ad Eddie. Ne ammira la folle determinazione, lo asseconda nel tentativo di qualificarsi per Calgary, anche per riscattare il suo fallimento rimproverato dall'allenatore Sharp (Christopher Walken).
Il regista Dexter Fletcher porta liberamente sullo schermo la vera storia di Michael Eddie Edwards, detto “eagle”, britannico che non s’arrende mai. Bravi gli attori, l’esposizione sfrutta le tecniche dell’inaspettato umoristico e si disimpegna a render la strizza da trampolino: inclinazioni micidiali, dubbi seduti sulla barra di partenza, sci infilati nelle guide d’accelerazione, il vuoto dello spazio e della mente a fine rampa. (E la Brexit? Che bel salto a rompicollo…).