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La Rua
andava
al galoppo

Fu abbinata al Palio che ebbe origine nel 1264, e al corteo delle carrozze dei nobili, fino al 1857 a causa delle polemiche sui cavalli
La Rua in piazza dei Signori nel settembre 1912. DAGLI ARCHIVI FERRINI
La Rua in piazza dei Signori nel settembre 1912. DAGLI ARCHIVI FERRINI
La Rua in piazza dei Signori nel settembre 1912. DAGLI ARCHIVI FERRINI
La Rua in piazza dei Signori nel settembre 1912. DAGLI ARCHIVI FERRINI

Walter Stefani

Sin dalla sua istituzione, la solennità del Corpus Domini ha sempre rappresentato per la nostra città l’evento principale.

Il motivo è presto detto. In quella occasione venivano appagate varie categorie di persone e di ceti sociali diversi presenti in città, ad incominciare del Clero secolare per finire con le classi dei nullatenenti.

Era, infatti, con la solenne processione per le vie del centro storico cittadino, col Santissimo portato dal Vescovo, che si apriva la giornata festiva.

Seguiva poi, per lo stesso percorso, il trasporto delle RUA, il simbolo che rappresentava il Collegio dei Notai e che “accontentava“ gran parte dei residenti - soprattutto le classi popolari, ma anche di esercenti, amministratori e militari - che, nella RUA, si vedevano rappresentanti come figli d’una stessa madre: Vicenza.

Il giro veniva normalmente compiuto in un’oretta (dalle ore 11 a mezzogiorno), per poi lasciar liberi cittadini e forestieri per il pranzo.

Nel primo pomeriggio avveniva la Corsa del Palio, che entusiasmava un po’ tutti - nobili compresi - i quali mettevano a disposizione qualcuno dei loro destrieri per la conquista dell’ambito trofeo.

Al termine di questa intensa giornata cittadina, scendevano in campo le famiglie aristocratiche della città e della provincia partecipando al Corso delle Carrozze, una sfilata di legni addobbati a festa, con cavalli infiocchettati, cocchieri in tuba e lacchè in uniforme coi fregi del casato.

Ero uno spettacolo vedere tutti assieme così tanti equipaggi, sia per la gioia personale dei nobili in carrozza, che mettevano in mostra la loro opulenza e signorilità che per la gioia e il divertimento del popolo, che andava a gara nel riconoscere i titolari di tanto lusso.

A volte, la serata si concludeva con una rappresentazione classica o melodrammatica, al Teatro Olimpico o al Teatro Eretenio.

Così, per oltre quattrocento anni, la giornata del Corpus Domini venne realizzata sempre con lo stesso programma, salvo saltuarie sospensioni dovute a vari avvenimenti o calamità (guerre, pestilenze, pioggia o altro).

Nel Trecento la solenne processione del Corpus Domini partiva dalla chiesa di San Vincenzo, preceduta dal Pantalone, un personaggio vestito di rosso che agitava la bandiera del Comune, seguito dal clero secolare e dai vari ordini religiosi, che precedevano il Vescovo sotto il baldacchino sorretto da personaggi della nobiltà vicentina. Il presule teneva in mano l’ostensorio col Santissimo ed era seguito dai rappresentanti della municipalità, del Governo, dei giudici, dai notai e dai rappresentanti degli Ordini professionali e delle Fraglie cittadine.

Dal 1444, al seguito della processione religiosa, si vede sfilare la RUA, dapprima di dimensioni modeste, con figure di cartapesta e portata a spalle. Poi, via via ingrandita e abbellita di fregi, stemmi e fiori, trascinata e sospinta da un centinaio di facchini in tuta biancorossa. Sulla “macchina“ stavano 18 figuranti in carne e ossa, tra bambini e adulti.

Dall’anno 1616, visto che la gente attendeva con maggior curiosità il passagio della RUA (di anno in anno rinnovata e abbellita) che non il Santissimo, la Curia decise che la processione avesse inizio dalla Cattedrale (e non più da San Vincenzo) e invertì anche il suo senso di marcia: piazza Duomo, contrà Muscheria, piazza dei Signori, Santa Barbara, Corso, piazza Castello, contrà Vescovado e ritorno in Cattedrale.

Solo allora poteva muoversi la RUA (e non più, quindi, al seguito della processione) che continuerà a fare sempre l’identico percorso e cioè: piazza dei Signori, contrà Muscheria, contrà Garibaldi, piazza Duomo, contrà Vescovado, piazza Castello, corso, contrà Santa Barbara e piazza dei Signori. Itinerario rimasto immutato, appunto per oltre quattrocento anni e sino al 1901.

L’ultima uscita della RUA avverrà nel 1928 e girerà soltanto in piazza dei Signori e piazza delle Biade e non più nel giorno del Corpus Domini, ma in occasione della festività dell’8 settembre (questo dal 1880).

La Corsa del Palio ha inizio nel 1264, per ricordare la liberazione di Vicenza dalla tirannia ezzeliniana, avvenuta nel 1259. Il percorso era quello diventato subito canonico: da Ponte Alto (luogo della mossa) “fino alla cantonata di Santa Corona“ (luogo della meta).

Anche questa gara di “cavalli sciolti“, cioè senza fantini, avrà varie vicissitudini nel corso dei secoli; a incominciare dal suo saltuario e provvisorio trasferimento dentro l’Anfiteatro ligneo eretto in Campo Marzo, provvisto di logge, gradinate e parterre, a beneficio della cittadinanza e dei forestieri, come nel 1576 e nel secolo XVII.

La Corsa del Palio attirava sempre una folla strabocchevole, che affluiva in città con ogni mezzo dal contado e dal Veneto, per assistere alla gara d’una decina (più o meno) di destrieri. Aveva luogo al pomeriggio della giornata del Corpus Domini, dopo l’“arruolamento“ dei cavalli o cavalle ammessi alla gara, previa visita veterinaria avvenuta qualche giorno prima.

Purtroppo, la crudeltà di maltrattare gli animali con bastoni e altro (sebbene fossero severamente proibiti) da parte di una folla di scalmanati lungo il percorso, frammista alle urla di incitamento della plebe che faceva ala al passaggio di quegli animali già terrorizzati a causa di orpelli appuntiti che battevano i loro fianchi e li facevano sanguinare orribilmente e arrivavano alla meta stremati, furono tutti elementi che portarono l’autorità austriaca a intervenire, sospendendo e poi vietando definitamente la manifestazione.

L’ultimo Palio venne corso nel 1857 e mai più ripreso; ma già la popolazione aveva saggiamente cambiato il titolo della gara da “corsa dei berberi“ (cavalli berberi) in “corsa dei barbari“.

Terminato il Palio, la folla si trasferiva in Campo Marzo per ammirare il Corso delle Carrozze. Una sfilata in pompa magna di legni e cavalli di casate nobili e aristocratiche, con equipaggi vestiti a festa, che si davano appuntamento sul far della sera per esibire pubblicamente la loro importanza, e andando a gara nel presentare i loro equipaggi (tiro due, tiro quattro, tiro sei), che mettevano in risalto la casta, l’opulenza, il gusto per il bello di tante famiglie agiate della città e della provincia. Quindi, destrieri impennacchiati, carrozze tirate a lucido, cocchieri in cilindro e lacché in livrea.

La folla applaudiva al passaggio e faceva i debiti confronti.

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